Slowhand C'è -dicono quelli che sanno di queste cose- un meccanismo psicologico che spinge una persona comune a manifestare dolore e partecipazione quando muore un personaggio famoso. I social hanno facilitato la possibilità di esternare ogni considerazione e sentimento che passi per la testa di chiunque, e le valanghe di post che commentano ogni evento ne sono la migliore testimonianza. Ma mi sento di poter dire che oggi non è così. Davvero Paolo Rossi -per sempre Pablito, scolpito immutabile nelle immagini di quel mondiale- era "un ragazzo come noi", come cantava Venditti in una brutta canzone che, a forza di ascolti, ha finito pure per piacermi, e che oggi mi torna in mente perché proprio al Giulio Cesare io passavo i miei giorni in quel magico 1982. E il sole, l'estate di San Vito... Ognuno ha le sue madeleines, le sue merendine che non torneranno più, e le mie sono (anche) le birre che bevevo per festeggiare i suoi gol: momenti di spensierata, incondizionata felicità. Tout se tient; piango l'uomo, piango i ricordi, piango per gli schiaffi che il tempo, inesorabile, mi piazza dritti, duri, in faccia, togliendomi l'illusione di quella perenne giovinezza in cui mi ostino a ingannarmi. Celeste nostalgia, cantava Cocciante in quel 1982. Chi l'avrebbe detto che, tinta di azzurro, l'avrei capita oggi?
half-pint Belle parole. Purtroppo ti accorgi di stare invecchiando quando cominciano a morire i miti di quando eri bambino. Adios Pablito.
feel-the-vibe Grazie Slow , un ricordo assolutamente condivisibile . Pacato ,delicato ma incisivo come sempre.