enzorock wroteMcBob wroteIo non voglio insistere, però stamani mi è capitato di vedere su RAI1 (mentre Consorte aspettava la
ginnastica a distanza su Canale10) le "proposte" degli "esperti" per riaprire le aule scolastiche a settembre.
I banchi separati l'uno dall'altro da sbarre di metallo. No ma io dico, davvero? Vogliamo davvero che
il futuro prossimo sia così? Che persone diventeremo, che vita faremo? E guardate che a mettere delle
sbarre tra un bambino e l'altro basta un attimo, per toglierle (in senso reale e metaforico) ci vorrà chissà
quanto. Lo vogliamo davvero? Siamo davvero convinti che serva?
Quello che voglio dire è che fin dall'inizio siamo stati accecati - sì, accecati, o quanto meno storditi - dai
numeri. Numeri che non sono mai stati "reali" (perché, per esempio, il numero dei tamponi somministrati
ogni giorno non era un parametro) ma che facevano comodo - non so bene a chi.
Non mi sembra che ci sia mai stata una vera discussione sugli effetti "culturali" (in senso ampio) del
lockdown. Su tutti gli aspetti delle nostre vite. La percezione di sé, degli spazi interpersonali, delle
libertà individuali... Niente. O quasi. Insisto: una vera discussione sugli effetti del lockdown (di *questo*
lockdown) sulla salute mentale degli individui. Ad altri evidentemente non importa, a me sì.
Se volevo leggere qualcosa di interessante su questo lo dovevo cercare (e ancora mi tocca) sul Guardian,
o sul New Yorker. Da noi solo la gente sui balconi, le bufale, le lacrime di Ambra. I "supereroi" negli
ospedali. Non so se mi sto spiegando: eterna gratitudine agli operatori sanitari e a chiunque abbia
alleggerito la pena di qualcun altro, eterno rispetto per chi se n'è andato, e tutto l'affetto ai famigliari.
Quello per cui continuo ad avere il voltastomaco è come è stata raccontata (o non è stata voluta
raccontare) questa "realtà" che il potere - poi ciascuno la pensa come vuole - ha voluto imporci.
Nessuna riflessione sulla qualità della vita. Ora, perfino il Talmud dice che anche una vita di merda
(e gli ebrei ne sanno qualcosa) è comunque vita - è un passo, tra l'altro, che mi ha sempre dato
conforto - ma oggi quando ho visto quei banchi e quelle sbarre, e quelle maestre così sorridenti alla
prospettiva, qualche domanda me la sono posta. Davvero "basta (soprav)vivere"? Davvero la
qualità della vita conta, in ultima analisi, così poco per i cittadini di questo paese? Nemmeno ai
tempi dell'AIDS ricordo una tale miopia "esistenziale" - bastava appiattire la curva, bastava superare
il picco, a qualsiasi costo. A qualsiasi costo è un'epressione che non mi è mai piaciuta. Ma è un
problema mio, sono io che non ho capito, eh.
Quoto tutto 😉
Mi pare di aver capito che sia noi qui, sia l'opinione pubblica generale, siamo divisi in due. Ma è giusto così. Siamo essere pensanti e pensiamo!
Quella del Mc Donald's è allucinante. Ma capisco la voglia di riassaporare la normalità. Io non l'avrei fatto
L'opinione pubblica non è affatto divisa in due, non è disorientata nè soffre di cattiva comunicazione.
Se fosse vero non si spiegherebbe l'alto indice di gradimento del Presidente del Consiglio Conte.
E' vero invece che la stragrande maggioranza dell'informazione (o disinformazioen che sarebbe più giusto) è scatenata nello sport più in voga tra i giornalisti o pseudo tali: l'attacco incondizionato a Conte dopo aver passato al microscopio ogni su attività.
La gente ha capito benissimo, ha visto le colone di camion militari che trasportavano bare, qualcuno ha vissuto molto da vicino gli effetti del virus.
Le statistiche dei singoli fanno notizia ma non raccontano la realtà.
Nessuno fa il suo lavoro: il medico fa il giurista, l'economista fa il il virologo, tutti vano il televisione a dire quello che gli passa per la mente, il giornalista capisce tutto lui.
Chi sa fa, chi non sa critica.