Italo
Mi spieghi perché gli altri fanno debito per fare industria e noi per pagare pensione ai giovani.. cosa vi fa essere così negativi. E poi questa storia delle beby pensioni è nata proprio per agevolare le privatizzazioni non certo le nazionalizzazioni. Hanno svenuto e smantellato eccellenze come enel,ferrovie,poste,eni in nome della presunta efficenza del privato. Non da ultimo per la sanità, hanno fatto di tutto per smantellare ospedali in nome del risparmio e ora ci attacchiamo al piffero.
Grazie, grazie di nuovo. Imparare la lezioncina della stagflazione è solo nozionismo.. quello che conta è l'economia reale, le fabbriche, la chimica, l'energia, l'esercito.
Ah proprio per quest'ultimo vorrei dire che aver tolto la leva per risparmiare con la menzogna in nome di un presunto miglioramento nell'inquadramento professionale del soldato. Ciò ha solo fatto chiudere centinaia di strutture funzionali e strategiche come le caserme e le loro strutture sanitarie che oggi sarebbero state utili come in qualsiasi altro evento o calamità. Comunque lasciate perdere voi vedete l'economia come quelli che mirano il dito mentre gli mostri la luna.. Ci sono cose che non hanno prezzo e i soldi sono solo una invenzione del uomo. Quello che conta sono le volontà che ne fondano il lavoro per il bene comune. Non nascondetevi dietro il dito dei piccoli sciacalaggi di poveri miseri approfittatori. Non sono certo le baby pensioni che ci hanno messo in ginocchio, se pur sbagliate non sono che una piccolissima parte della spesa pubblica anche se sono il casus belli per gli stolti.
[cancellato]
da un articolo su Repubblica: Mascherine e tamponi: i 4 errori del governo sui medici
10 APRILE 2020
Poche protezioni anti coronavirus per lavorare in corsia e test in ritardo: due mesi di tira e molla pagati a caro prezzo
DI GIULIANO FOSCHINI, MARCO MENSURATI E FABIO TONACCI
Rileggere con gli occhi di oggi la lunga teoria di circolari, ripensamenti, contrordini e indicazioni ad interim prodotta dal governo, dalle regioni e dagli organi tecnico-scientifici che ne hanno puntellato le scelte, è utile per spiegare la strage dei medici e degli infermieri. Una peculiarità tutta italiana, che, al di là dei lutti e del dolore dei familiari, costerà caro allo Stato in termini di risarcimento dei danni.
La più drammatica delle giravolte, all'origine del perché l'Italia ha tardato nell'individuare i primi casi di Covid 19 e del perché gli ospedali sono diventati dei focolai, è quella iniziale. Risale a gennaio, quando a Wuhan già contano centinaia di morti e il nostro Paese è convinto che l'onda non arriverà. Tanto convinto da mandare al governo di Pechino, sotto forma di donazione, una parte della già esigua scorta nazionale di mascherine.
Il peccato originale
Il 22 gennaio il ministero della Salute emette la sua prima circolare ("Polmonite da nuovo coronavirus, 2019 nCov, in Cina") diretta a tutti gli assessorati alla Sanità, con la quale definisce i criteri per considerare un paziente "caso sospetto", da sottoporre quindi a tampone: oltre a chi è stato in Cina, include qualsiasi persona "che manifesta un decorso clinico insolito o inaspettato, soprattutto un deterioramento improvviso nonostante un trattamento adeguato, senza tener conto del luogo di residenza o storia di viaggio". Insomma, un'indagine a largo spettro.
Se questa circolare fossa stata in vigore anche a febbraio, quando a Codogno Mattia, il paziente uno, si rivolge al pronto soccorso, e a Vo' Adriano Trevisan, la prima vittima del virus, si sente male, le loro positività sarebbero emerse ben prima del famoso 21 febbraio, data di inizio del contagio italiano.
Ma, nel frattempo, il 27 gennaio il ministero ha cambiato idea, e ha scritto una seconda circolare, di senso opposto alla prima, nella quale autorizza il test solo su pazienti che, oltre ad avere importanti sintomi, hanno avuto "contatti stretti con un infetto", hanno "visitato o lavorato in un mercato di animali vivi a Wuhan", "frequentato un reparto Covid". In sintesi: tamponi solo a chi proviene dalla Cina.
È il primo vagito di una linea governativa "anti-tampone", che segue l'orientamento dell'Organizzazione mondiale della Sanità, e che durerà sino al 16 marzo, quando la stessa Oms farà inversione con un tweet: "Test, test, test". Prima del cambio di rotta, è solo violando il protocollo che due medici sottopongono al tampone Mattia e Trevisan. Scoprendo così che, da giorni, i loro ospedali sono diventati potenziali focolai.
Il decreto mascherine
L'onda è arrivata. E occorre arginarla. Ma dell'arma principale, le mascherine professionali (le famose FFp2-FFp3) per medici e infermieri, l'Italia è sprovvista. A differenza di quanto successo in Germania, nessuno ha attuato i piani pandemici (che prevedevano di farne scorta non appena si fosse avuta notizia di un contagio uomo-uomo, circostanza verificatasi il 31 dicembre), e anzi, una buona parte dello stock è stata mandata, come detto, a Wuhan.
Il governo capisce di essere con l'acqua alla gola, deve inviare i suoi soldati al fronte ma non ha fucili da fornire. Le prime 42 mila FFp2, infatti, saranno consegnate dalla Protezione civile solo il 3 marzo. Così, fa quello che può: si arrangia. Con il decreto legge n.9 del 2 marzo, "in coerenza con le linee guida dell'Oms", decide di equiparare le mascherine chirurgiche - che non sono Dpi (Dispositivi di protezione individuale) perché non proteggono chi le indossa ma filtrano solo in uscita - a quelle professionali.
Gli operatori sanitari, per decreto, possono andare nei reparti Covid indossando solo queste. Sono seguite diverse precisazioni, ma ancora il 19 marzo regna la confusione, come dimostra un documento interno dell'ospedale Molinette di Torino, in cui si considerano idonee anche le chirurgiche, se non disponibili le rare FFp2, all'"esecuzione del tampone in pazienti Covid-19 positivi".
Niente quarantena per i medici
Il 9 marzo il governo emette il decreto numero 14, nel quale dispone che "la quarantena obbligatoria non si applica agli operatori sanitari", i quali si fermano solo nel caso di sintomi manifesti o esito positivo di test. È un'altra mossa della disperazione, bisogna evitare il rischio che i reparti rimangano sguarniti.
Addirittura la regione Lombardia va oltre, e pubblica il 10 marzo una direttiva che nega il test all'operatore asintomatico "che ha assistito a un caso confermato Covid senza adeguati Dpi". "La confusione sulle norme - sostiene Andrea Filippi, segretario della Cgil-medici - e quei decreti folli sono i motivi principali per cui gli operatori sanitari si sono ammalati. L'Oms ha sbagliato a dare linee guida che, evidentemente, erano pensate per Paesi del Terzo mondo che hanno zero possibilità di reperire Dpi".
Tamponi e suicidi
Siamo a metà marzo, nel pieno della crisi. La linea ora sarebbe quella di fare tamponi a tappeto, a cominciare da chi sta in prima linea. Tre circolari del ministero della Salute (20 marzo, 25 marzo, 3 aprile) lo imporrebbero. Ma, ancora una volta, la Lombardia si distingue. "Continua a farli solo a medici e infermieri che hanno la febbre superiore a 37 e mezzo", denuncia Carmela Rozza, consigliera regionale Pd. "L'assessore Giulio Gallera sostiene di aver disposto tamponi per tutti a partire dal 3 aprile, ma non risulta".
"Così - lamenta il portavoce della Federazione degli infermieri, Paolo Del Bufalo - ci siamo infettati e abbiamo continuato a lavorare negli ospedali, nelle cliniche private e nelle Rsa per anziani, liberi di diffondere il virus". Una situazione pesante anche dal punto di vista psicologico. Oltre ai molti decessi tra gli infermieri si sono registrati due casi di suicidio: "Erano colleghi devastati dal senso di colpa per aver contagiato colleghi e assistiti".
E c'è una nuova paura che da qualche giorno soffia in corsia: la richiesta dei risarcimenti. "Dobbiamo sollevare i professionisti da responsabilità, che non hanno", suggerisce Filippi della Cgil. "Ma no ai colpi di spugna: avere un soggetto che si assume l'onere dei risarcimenti è un diritto di cittadini e operatori".