Dodo17 wroteCerto! E come immaginavo nessuno ha alzato la mano, è solo una fobia, muore più o meno la gente che muore con le normali influenze stagionali
Viviamo in tempi in cui le opinioni sono legittime ed è legittimo esprimerle; buon senso chiederebbe, però, di suffragarle con qualche sostegno verificabile.
Allora
Che la quota di decessi sia pari o comunque assimilabile a quella delle consuete influenze stagionali è cosa su cui si discute, e che potremo verificare solo "dopo"; c'è solo il problema che questo virus sembra essere un po' (un bel po') più aggressivo delle consuete influenze stagionali, e che i decessi (parificabili o meno che siano) andranno ad aggiungersi a quelli delle influenze normali (anche se logicamente ci sarà una quota di "sovrapposizione"). D'altra parte, il problema, più che la percentuale di mortalità, è la percentuale di "invalidamento", ovvero di tutti coloro che necessiteranno di cure (che sono quelle che mantengono la mortalità in limiti "normali") per un tempo più o meno lungo; si è già parlato tanto della crisi cui andrebbe incontro il SSN davanti alla contemporaneità di un numero eccezionale di urgenze indifferibili, quindi non insisto.
Che poi io conosca o meno qualcuno che è stato "colpito", è un argomento piuttosto fallace; l'illusione che la nostra esperienza personale possa contenere tutte le cose che stanno in cielo e in terra è diffusa, ma ingannevole. Nelle nostre serate di svago i miei amici che fanno l'avvocato o il medico si divertono a raccontarsi tutte le varie casistiche in cui un loro assistito aveva da indicargli una soluzione mirabile per il suo problema, suggeritagli dallo zio del fruttivendolo sotto casa. Ecco, il principio è lo stesso: dando retta a "miocugggino" non si va da nessuna parte.
D'altronde, ragionandoci un po', è anche chiaro che chi non vive in zone particolarmente colpite ha -statisticamente- ben poche possibilità di conoscere qualcuno che sia stato contagiato dal Covid. Qui a Roma siamo oggi a 77 ricoveri, su 4milioni di persone la percentuale si scrive con così tanti zeri che si fa fatica a leggerli.
E però alla fine il caso vuole che io un contagiato lo conosca. Non benissimo, dato che è solo un collega di lavoro, ma so chi è. Sta a Milano, è uno di quelli guariti, e tutti noi (soprattutto, ovviamente, i colleghi che sarebbero stati a stretto contatto) abbiamo ringraziato davvero il buon senso dei nostri dirigenti che da subito, da molto prima che chi invece avrebbe dovuto pensarci prendesse i provvedimenti necessari, hanno fatto in modo di "isolarci" il più possibile.
Non è un bel momento. Si richiede a tutti, nessuno escluso, di agire con senso di responsabilità, di mettere da parte i propri desideri (soprattutto quelli superflui...) per venire incontro alle necessità della collettività. In merito non sono gran che ottimista, ma credo che, alla fine, ne usciremo comunque, anche se certamente non grazie ai rimedi di miocugggino.