Slowhand
E' un discorso che ci siamo fatti, e che abbiamo fatto (almeno io...) tante volte.
Ci sono tanti modi di andare in moto. C'è quello che non è contento se non può tirare i 220 in autostrada, e quello che se non ti passa a tre mm all'interno della curva non si sente realizzato. Ci sono quelli della moto "perfetta", e quelli della moto "vissuta". Ci sono anche quelli che chiamano "moto" il TMax, e via così, potrei continuare per ore (solo per descrivere le diverse tipologie di harleysti ci vorrebbe un'enciclopedia).
A meno che non sia un motociclista adulto (non nel senso di età, ma nel senso di capacità di ragionamento), difficilmente chi appartiene a una categoria apprezza moto differenti. E, dato che le RE -le Bullet in particolare- appartengono a una categoria piuttosto "speciale", è più facile trovare chi non le capisce, chi non la apprezza, chi ne sparla per partito preso (ah, la paura del diverso... quel tarlo maligno che si insinua nell'animo di chi crede di essere al top, di essere nel giusto, e vede felici altri che hanno fatto scelte diverse...).
Io -è noto- reputo il relativismo una disgrazia per l'umanità (più o meno come la trap, anche se più incisivo, e del resto quella è figlia di quello); e però, in certi casi, riconosco la necessità che gli "accessori", i giocattoli, che usiamo, siano adatti alla personalità di ciascuno; e a chi critica la mia Blackie rispondo sempre capovolgendo l'argomento: "Eh, ma va piano!" "Perché, tu vai sempre in autostrada?", e così via. Mi piace -lo confesso- mettere in crisi le certezze di chi crede che la "sua" moto sia "il massimo" perché va più veloce, perché è ipertecnologica, perché ce l'hanno tutti, perché questo e perché quello: certo, il rischio che il mio disprezzo (non per le moto, ma per le apodittiche certezze del proprietario) non sia percepito, c'è. Ma se uno è un caso disperato, non può guarirlo neanche una Bullet.
Noi royalisti, noi Royals, siamo gli ultimi Cavalieri della Libertà: la libertà di andare in moto senza condizionamenti imposti dalle mode, dal mercato, dalla tecnologia, dalla stupidità, a volte perfino dalle norme. La libertà di "andare piano" in un mondo che vuole solo correre, la libertà di viaggiare in un mondo in cui conta solo la meta. La libertà, soprattutto, di essere consapevoli che la perfezione, nel mondo, non esiste (a meno che non abbiate come riferimento Scarlett Johansson a 25 anni, ma è un caso unico), e che quindi anche noi possiamo concederci di non essere perfetti senza sentirci in colpa. Ma vaglielo a spiegare, a uno col Tmax...
mr-r
SatyajitRay wrote [...] più di una persona mi ha chiesto: "Ma tu sei arrivato dall'Italia con quella?" [...]
Ho fatto il viaggio di nozze con la mia Classic Chrome. Circa 3.000 km in 15 giorni tra Francia a Spagna.
A Cadaqués (uno spettacolare paesino della costa Brava) il gestore di un ristorante, motociclista anche lui, non ci credeva che fossimo arrivati da Milano in moto. E' stato così gentile da offrirmi tutta l'assistenza possibile nel caso avessi guasti meccanici (nel frattempo mi toccavo i gemelli di famiglia).
Ad un area di servizio in autostrada (purtroppo ogni tanto tocca prenderla) nei pressi di Montpellier un motociclista francese su BMW K16000 è rimasto imbambolato 10 secondi quando gli ho raccontato il giro che abbiamo fatto.
Poi è vero che, se uno vuole, si fa tutto con tutto, ma è anche inutile nascondersi dietro un dito: 3.000 km su una granturismo sarebbero stati un viaggio molto più comodo che su una Royal Enfield. Forse con meno gusto, ma sicuramente più comodo.