Italo wroteOk riprendiamo da qua se mai si volesse aggiungere qualcosa.
Riprendendo il ragionamento del fatto che un'impresa persegua il profitto e metta in atto le sue scelte in base alle proprie convenienze è un fatto naturale e comprensibile. Quello che secondo me è importante e volevo mettere a fuoco è invece il ruolo dello Stato nell'economia e non da ultimo la sua capacità di governarla e indirizzarla. Ovviamente va da se che uno Stato che non batte moneta ha le mani legate se non anche i piedi per influenzare l'andamento economico del proprio paese. A questo aggiungete che è vincolato da trattati che ne limitano le azioni concrete come investimenti o quant'altro per intervenire sulla propria economia. Va da se che ne viene fuori un paese ingessato incapace di influenzare alcunché, figuriamoci l'economia. Con questo voglio dire che l'unione europea è soltanto un unione sulla carta, appunto sulla moneta ma non nel concreto. Ogni stato va da se, figuriamoci se cooperano per il bene comune.
E poi parliamo del debito.
Tenendo presente che sprechi e mal versamenti siano articoli di pertinenza della magistratura, secondo voi una spesa per fare una strada o un ospedale è un debito o un investimento, è una ricchezza per il paese o no? Un genitore che spende il proprio denaro per l'istruzione del figlio è un debito o una ricchezza per il futuro della sua famiglia?
Insomma sono stato sintetico ma penso di avere reso l'idea del mio pensiero. Uno Stato deve e ha il dovere di influenzare l'economia con gli strumenti che gli sono proprio e questo al momento per me l'Italia ne è priva.
Metto i miei due cents: il concetto è magari anche giusto, ma è -credo- fuori tempo massimo. Oggi uno Stato nazionale ha tutt'al più il potere di influenzare, in modo provvisorio e in ambito limitato, l'economia interna: ma quando si passa agli scambi internazionali, la musica è ben diversa (forse solo gli USA, oggi, hanno ancora la possibilità di incidere in qualche modo sul mercato mondiale, ma certo in modo ben meno incisivo di prima). L'idea che porta alla nascita reale della UE, tralasciando l'affannosa ricerca dei "padri nobili" che la sognarono, è che un blocco compatto di economie nazionali di media dimensione possa formare un insieme di peso superiore; considerazione -mi azzardo a dire- tutt'altro che scema, nella sua elementarità.
Solo che.
Solo che l'economia non vive senza la politica. Se non c'è la "volontà politica" di indirizzare le scelte economiche, tutto finisce col rispondere a logiche istantanee e contingenti, per poi -alla lunga- fallire per mancanza di obiettivo. E la UE patisce proprio la mancanza dell'unità politica: una moneta sovranazionale, un'economia "coordinata" (almeno nelle intenzioni), che però nessuno può indirizzare e dirigere verso un fine comune perché manca chi possa decidere. Tempo fa si parlò della necessità di disporre di un "esercito europeo": ok, io concordo, ma c'è un passo preliminare da fare, e cioè che un "esercito" ha la sua ragion di essere nella difesa (in ogni senso) degli interessi dell'autorità che lo governa. Chi governa la UE? Quali sono gli interessi della UE, chi può stabilirlo? Manca la "Autorità Istituzionale" di riferimento. Ecco, il problema è lo stesso, con la fortuna che -almeno per il momento- l'esercito UE non esiste, e quindi non abbiamo generali che combattono guerre secondo quello che sembra loro meglio lì per lì, senza risponderne a nessuno e senza avere nessun obiettivo...