Una delle poche certezze della vita che tutti gli innamorati, infatuati e invasati si convincono di poter ignorare, pensano che quel momento, quello stato di grazia quello slancio euforico possano durare per sempre.
Venerdì 17 gennaio, lo scrivo perché qualcuno me lo ha fatto notare, mentre mi recavo al lavoro ho rivissuto lo stesso film di dicembre 2017: improvvisa perdita di potenza, qualche metro singhiozzante e poi inizio di sferragliamento provenire dal motore, ho capito subito che eravamo arrivati.
Con la mente che andava per i fatti suoi mentre tenevo cautamente la sinistra, il gas aperto al minimo nella speranza che non andasse tutto in pezzi, mi sono apparsi come in una visione due numeri 27.000 – 52.000.
Una rottura ogni 25.000 km circa: questo è il tempo di vita del mio motore che, per l’uso che ne faccio io significa due anni circa, e così è stato.
Un amico diceva che non sono moto da tutti i giorni, vanno bene per i giretti della domenica, mi domando se sarebbe potuta durare altri vent’anni usandola diversamente.
Ho percorso gli ultimi due km a passo d’uomo, non ero incazzato, solo affranto per tutti e due, convinto di aver fatto tutto il possibile in questi anni per tenerla al meglio e lei mi aveva corrisposto brillantemente.
Con l’aiuto di Gil l’avevamo resa una moto perfetta, meglio di quando era uscita di fabbrica.
Vibrazioni contenute a tutti i regimi, se tiravo su le mani filava dritta come un proiettile, con il nuovo scarico originale erano scomparsi anche tutti quei piccoli rumorini che ogni tanto sentivo, accensione sempre al primo colpo con tutte le temperature, nessun problema di carburazione e…era anche anfibia!
Una moto perfetta.
Varcata la soglia dei 50.000 l’obiettivo erano altri 50.000 per molte moto un traguardo irraggiungibile ma ormai tutto sembrava possibile:
da qui all’eternità sulla mia Royal Turchese.