Alfietto66
Io Amo Venezia! La amo per la sua bellezza e per la sua fragilità.
Mi piacerebbe andarci a vivere (... e non scherzo).
Mi dispiace tantissimo per i Veneziani, quelli che la vivono davvero...
Per il resto; che sia Venezia, Genova o Matere... siamo in mano a gente senza scrupoli!!!
slash-85
Neophytus wroteSiamo andati sotto come non succedeva dal 1966.
Vi riporto qui la lucida e veritiera analisi di Tomaso Montanari, dal "Fatto quotidiano" di oggi. Da veneziano non posso che condividerla in toto. Vi prego proprio di leggerla.
Questo pomeriggio sarò a Venezia, duramente colpita dal maltempo. Voglio vedere da vicino i danni e rendermi conto della situazione”. Il tweet diffuso ieri del presidente del Consiglio Giuseppe Conte accende una flebile fiamma di speranza: se Conte davvero vorrà rendersi conto della situazione, comprenderà presto che Venezia non è stata affatto colpita dal maltempo. È stata colpita da una strategia di sfruttamento e abbandono gravemente colposa, a tratti flagrantemente dolosa. I nemici di Venezia, i suoi aguzzini, non sono i venti, le nubi, e l’acqua piovana: sono una classe politica e una classe dirigente marcia fin nel midollo, in Laguna e a Roma. Il ‘maltempo’ di cui parliamo è un tempo cattivo che dura da decenni: cattivo per la corruzione e la rapacità, cattivo per l’i g no r a n z a , cattivo per la miopia e la pochezza di chi avrebbe dovuto decidere nell’interesse del bene comune, e invece ha pensato solo al ritorno immediato di pochi.
CON LA FINE della Repubblica di Venezia (1797) entrò in crisi il raffinatissimo meccanismo che per un millennio aveva conservato qualcosa che in natura ha vita limitata: una laguna lasciata a se stessa o diventa mare o si interra. Si può ben dire che la sopravvivenza della Laguna è “la storia di un successo nel governo dell’ambiente, che ha le sue fondamenta in un agire statale severo e lungimirante, nello sforzo severo e secolare di assoggettamento degli interessi privati e individuali al bene pubblico delle acque e della città” (Piero Bevilacqua). Finita questa storia, l’estesa privatizzazione di parti della Laguna, la creazione di valli da pesca chiuse, la bonifica per ottenere terre asciutte per l’industria ha ridotto in notevole misura lo spazio in cui le alte maree potevano disperdersi. Contemporaneamente, sono state scavate e ampliate oltre ogni misura le bocche di porto che mettono in comunicazione mare e Laguna: alla fine dell’Ottocento la Bocca di Malamocco era profonda 10 metri, oggi contiene buche che raggiungono quota meno 57, il punto più profondo dell’Adriatico! Non è dunque difficile immaginare da dove entri l’acqua. La ragione: rendere la Laguna accessibile alle navi industriali e alle Grandi Navi da crociera. Uno sviluppismo dissennato, che fa oggi di Venezia la terza città portuale più inquinata d’Europa: per lo smog delle navi, e per i fanghi che stanno sul fondo dei canali e che rendono micidiali le acque che ora consumano i marmi di San Marco.
LA SITUAZIONEdi cui il presidente Conte dovrebbe rendersi conto è questa: e – proprio come nel caso dell’Ilva – è su questo piano strategico, e non solo sull’impossibile gestione dell’emergenza, che il suo governo dovrebbe agire. Come ha scritto Edoardo Salzano, a cui è stata risparmiata la vista di questa Venezia in ginocchio, si dovrebbe iniziare “con lo smantellamento della chimera ottocentesca del MoSE, per ripristinare invece l’equilibrio ecologico e morfologico della Laguna, con l’adempiere finalmente al mandato legislativo (1973!) di escludere i traffici pesanti e pericolosi e impedire l’ingresso ai bastimenti più alti dei più alti edifici veneziani, col cancellare i progetti di tunnel sottomarini”. Una cosa Conte può fare subito: mettere fuori le Grandi Navi non solo dal Bacino di San Marco ( come si limita a promettere il furbo ministro Franceschini), ma dalla Laguna. Perché è la Laguna come ecosistema che va salvata, non solo l’immagine da cartolina.
E quel che non solo Conte, ma tutti noi dovremmo capire è che Venezia è un terribile acceleratore. Ci mostra cosa succede a una città d’arte che viva solo di un turismo predatorio che cresce fino a espellere i residenti, a cancellare un’identità civile. Ci mostra cosa succede a un patrimonio culturale tutto orientato alla follia delle grandi mostre invece che alla cura del tessuto urbano, in un tripudio di tagli di nastri e inaugurazioni che tolgono soldi e consenso all’umile necessità quotidiana della manutenzione. Ci mostra con anni di anticipo quel che succederà in mezzo mondo se non fermiamo l’innalzamento delle acque provocato dal cambiamento climatico dovuto al dogma della crescita infinita.
Venezia che muore annegata è uno schiaffo in faccia a noi tutti, è un modo terribile di ricordarci che si può, si deve, smettere di sfruttare e consumare il suo fragilissimo ecosistema: “Moltissime specie hanno trovato il modo di vivere in armonia con la natura, senza che per farlo abbiano bisogno di suicidarsi. Lo fanno prendendo meno di quanto il pianeta è in grado di produrre e salvaguardando gli ecosistemi. Lo fanno vivendo come se avessimo solo una Terra, e non quattro”. Se, in questa frase dello scrittore Jonathan Safran Foer, sostituiamo alla parola ‘pianeta’ o ‘Terra’ la parola ‘Venezia’, riusciremo a capire perché non è colpa del maltempo: e come possiamo ancora, nonostante tutto, salvare Venezia.
Problematiche che giustamente conosci e vivi quotidianamente e di cui avevamo parlato al Thumping. Povera Italia, spre di più.
Nanni
La frase di Foer, citata alla fine dell'articolo (grazie Neo!) per quanto condivisibile nel monito finale, è un po' semplicistica, il paragone non regge.
Le specie che "vivono in armonia" sono soggette in tutto e per tutto alle leggi dell'evoluzione.
Sono comunissimi in natura gli ecosistemi ciclici: gli individui di una specie sfruttano a man bassa, mangiano e si riproducono senza freno fino a esaurire le risorse, poi cominciano a morir di fame e arrivano alla soglia dell'estinzione, ma così facendo permettono alle risorse di ricostituirsi e, stupidamente, il ciclo si ripete. Spesso i cicli si intersecano comprendendo più livelli nella piramide alimentare, con stupefacenti periodi che si ripetono perché l'evoluzione, in milioni di generazioni, ha selezionato i "giusti" tassi di riproduzione, durata della vita, esigenze alimentari di tutte le specie dell'ecosistema.
L'uomo è fuori di questa meccanica. L'evoluzione lo ha dotato di un cervello che lo rende capace di sfruttare di più mettendo in pericolo il sistema, ma è successo ieri, da 3000 a 20000 generazioni fa a seconda delle stime, comunque insufficienti per permettere alla selezione naturale di far emergere cervelli più assennati.
Senza contare che lo stesso cervello a un certo punto, da circa 1000 generazioni più o meno, ha iniziato a contrastare le contromisure tipiche dell'evoluzione inventando cose come agricoltura, allevamento, igiene, medicina, meccanizzazione della produzione...
Insomma un bel guaio perché, fuori dai meccanismi evolutivi per tempi corti e contromisure efficaci, il rischio di arrivare dritti dritti all'estinzione è concreto.
Ne possiamo uscire solo usando il cervello e cambiando i nostri atteggiamenti culturali.
Però bisogna anche dire che le ultime generazioni qualche segno di ravvedimento lo danno.
La consapevolezza che non possiamo usare i nostri simili come schiavi inizia a farsi strada circa 50 generazioni fa, nel 960 Venezia (!) vieta (formalmente) il commercio degli schiavi.
La coscienza ambientalista comincia a formarsi 3,5 generazioni fa, prendendo come data simbolo la pubblicazione nel 1948 di "Our plundered planet".
Il senso del dovere verso i patrimoni culturali è di 2,3 generazioni fa, quando viene firmata nel 1972 la Convenzione Unesco.
Insomma, ancora siamo nel casino, ma un po' di ragione si vede 🙂
Canemitzo
Nanni wroteLa frase di Foer, citata alla fine dell'articolo (grazie Neo!) per quanto condivisibile nel monito finale, è un po' semplicistica, il paragone non regge.
Le specie che "vivono in armonia" sono soggette in tutto e per tutto alle leggi dell'evoluzione.
Sono comunissimi in natura gli ecosistemi ciclici: gli individui di una specie sfruttano a man bassa, mangiano e si riproducono senza freno fino a esaurire le risorse, poi cominciano a morir di fame e arrivano alla soglia dell'estinzione, ma così facendo permettono alle risorse di ricostituirsi e, stupidamente, il ciclo si ripete. Spesso i cicli si intersecano comprendendo più livelli nella piramide alimentare, con stupefacenti periodi che si ripetono perché l'evoluzione, in milioni di generazioni, ha selezionato i "giusti" tassi di riproduzione, durata della vita, esigenze alimentari di tutte le specie dell'ecosistema.
L'uomo è fuori di questa meccanica. L'evoluzione lo ha dotato di un cervello che lo rende capace di sfruttare di più mettendo in pericolo il sistema, ma è successo ieri, da 3000 a 20000 generazioni fa a seconda delle stime, comunque insufficienti per permettere alla selezione naturale di far emergere cervelli più assennati.
Senza contare che lo stesso cervello a un certo punto, da circa 1000 generazioni più o meno, ha iniziato a contrastare le contromisure tipiche dell'evoluzione inventando cose come agricoltura, allevamento, igiene, medicina, meccanizzazione della produzione...
Insomma un bel guaio perché, fuori dai meccanismi evolutivi per tempi corti e contromisure efficaci, il rischio di arrivare dritti dritti all'estinzione è concreto.
Ne possiamo uscire solo usando il cervello e cambiando i nostri atteggiamenti culturali.
Però bisogna anche dire che le ultime generazioni qualche segno di ravvedimento lo danno.
La consapevolezza che non possiamo usare i nostri simili come schiavi inizia a farsi strada circa 50 generazioni fa, nel 960 Venezia (!) vieta (formalmente) il commercio degli schiavi.
La coscienza ambientalista comincia a formarsi 3,5 generazioni fa, prendendo come data simbolo la pubblicazione nel 1948 di "Our plundered planet".
Il senso del dovere verso i patrimoni culturali è di 2,3 generazioni fa, quando viene firmata nel 1972 la Convenzione Unesco.
Insomma, ancora siamo nel casino, ma un po' di ragione si vede 🙂
Grazie Nanni
Tutto pienamente condivisibile.
balboa
Pure io quoto Nanni,
e penso che definirci homo sapiens sapiens sia erroneo e penso che le civiltà illuminate siano definite tali perché ciò compiace a noi stessi.
Paradossalmente ,più ci siamo "illuminati"più ci siamo allontanati dalle meccaniche delle leggi naturali.
La mission di genitore mi impone di insegnare il valore dello studio,del lavoro, della famiglia...ma poi mi faccio domande del cxxo del tipo:perché lavorare? perché guadagnare?
Tutte cose contro natura.
Andate e moltiplicatevi... nel mio immaginario di bambino questa frase era il simbolo dell'amore fraterno; ora mi fa ribrezzo.
Lavorando in un supermercato molto frequentato,mi relaziono giornalmente con gente di ogni tipo e sto rivalutando persone come gli homeless a discapito di quelle "normali".
Un barbone mi ha detto: _Luca ma come fai a lavorare tutti i giorni? io non farei mai la tua vita..._
Le persone per bene,invece, ti portano indietro il pacco di pasta perché il taglierino ha intaccato leggermente l'involucro, si indignano perché in una rete da 3 kg di arance una è toccata, etc...okkei,tutte cose giuste ma porca put... ti lamenti per le minchiate e non ti rendi conto che appena esci dal negozio respiri la merda dello smog...
Il supermercato è la parte finale del nostro modello di sviluppo e non penso di esagerare dicendo che il 90% di ciò che vendiamo è inutile.
Siamo ancora nel casino ma un po' di ragione si vede...ma non basta,purtroppo sono pessimista!
Sono per le misure drastiche,la prima delle quali consiste nel contingentare le nascite a livello mondiale. Ci sarebbero altre cose ma non le dico per non passare per cattivo...
maxiii
Nanni wroteLa frase di Foer, citata alla fine dell'articolo (grazie Neo!) per quanto condivisibile nel monito finale, è un po' semplicistica, il paragone non regge.
Le specie che "vivono in armonia" sono soggette in tutto e per tutto alle leggi dell'evoluzione.
Sono comunissimi in natura gli ecosistemi ciclici: gli individui di una specie sfruttano a man bassa, mangiano e si riproducono senza freno fino a esaurire le risorse, poi cominciano a morir di fame e arrivano alla soglia dell'estinzione, ma così facendo permettono alle risorse di ricostituirsi e, stupidamente, il ciclo si ripete. Spesso i cicli si intersecano comprendendo più livelli nella piramide alimentare, con stupefacenti periodi che si ripetono perché l'evoluzione, in milioni di generazioni, ha selezionato i "giusti" tassi di riproduzione, durata della vita, esigenze alimentari di tutte le specie dell'ecosistema.
L'uomo è fuori di questa meccanica. L'evoluzione lo ha dotato di un cervello che lo rende capace di sfruttare di più mettendo in pericolo il sistema, ma è successo ieri, da 3000 a 20000 generazioni fa a seconda delle stime, comunque insufficienti per permettere alla selezione naturale di far emergere cervelli più assennati.
Senza contare che lo stesso cervello a un certo punto, da circa 1000 generazioni più o meno, ha iniziato a contrastare le contromisure tipiche dell'evoluzione inventando cose come agricoltura, allevamento, igiene, medicina, meccanizzazione della produzione...
Insomma un bel guaio perché, fuori dai meccanismi evolutivi per tempi corti e contromisure efficaci, il rischio di arrivare dritti dritti all'estinzione è concreto.
Ne possiamo uscire solo usando il cervello e cambiando i nostri atteggiamenti culturali.
Però bisogna anche dire che le ultime generazioni qualche segno di ravvedimento lo danno.
La consapevolezza che non possiamo usare i nostri simili come schiavi inizia a farsi strada circa 50 generazioni fa, nel 960 Venezia (!) vieta (formalmente) il commercio degli schiavi.
La coscienza ambientalista comincia a formarsi 3,5 generazioni fa, prendendo come data simbolo la pubblicazione nel 1948 di "Our plundered planet".
Il senso del dovere verso i patrimoni culturali è di 2,3 generazioni fa, quando viene firmata nel 1972 la Convenzione Unesco.
Insomma, ancora siamo nel casino, ma un po' di ragione si vede 🙂
Nanni, tutto perfetto e giusti ragionamenti assolutamente condivisibili, ma. c' è un ma.
Sono molto ''provinciali'', nel senso che la coscienza culturale è cresciuta, ma si sviluppa solo in stati piccoli che nel globale nulla possono fare.
Africa, Asia, lí ci sono i 3/4 della popolazione globale, credo, o poco meno, e questi, per mancanza di quella cultura che in italia, Svizzera e Svezia si cerca di inculcare alle popolazioni, se ne strafottono.
Secondo me è veramente una battaglia persa, se 3 milioni di lombardi fanno la differenziata al 99 per cento, mentre India e cina i 2.5 bilioni di persone vomitano veleni, plastica e co2 24/7.
Lo vedo da 'ste parti, non vi è la minima cura, la gente butta plastica ovunque, le batterie piccole del walkman o dell' auto, non hanno punti di raccolta e vengono cacciate via come e quanto una latta vuota di pomodori. L' olio esausto riversato sul terreno, dai, veramente, ok che ci vogliamo sentire orgogliosi di tutelare l' ambiente, ma il ns è solo un atteggiamento, forse per sentirsi meno colpevoli, ma non cambia assolutamente una virgola.
Balboa, un giorno diventerò un barbone, per i motivi che hai illustrato.
Quint89
maxiii wroteNanni wroteLa frase di Foer, citata alla fine dell'articolo (grazie Neo!) per quanto condivisibile nel monito finale, è un po' semplicistica, il paragone non regge.
Le specie che "vivono in armonia" sono soggette in tutto e per tutto alle leggi dell'evoluzione.
Sono comunissimi in natura gli ecosistemi ciclici: gli individui di una specie sfruttano a man bassa, mangiano e si riproducono senza freno fino a esaurire le risorse, poi cominciano a morir di fame e arrivano alla soglia dell'estinzione, ma così facendo permettono alle risorse di ricostituirsi e, stupidamente, il ciclo si ripete. Spesso i cicli si intersecano comprendendo più livelli nella piramide alimentare, con stupefacenti periodi che si ripetono perché l'evoluzione, in milioni di generazioni, ha selezionato i "giusti" tassi di riproduzione, durata della vita, esigenze alimentari di tutte le specie dell'ecosistema.
L'uomo è fuori di questa meccanica. L'evoluzione lo ha dotato di un cervello che lo rende capace di sfruttare di più mettendo in pericolo il sistema, ma è successo ieri, da 3000 a 20000 generazioni fa a seconda delle stime, comunque insufficienti per permettere alla selezione naturale di far emergere cervelli più assennati.
Senza contare che lo stesso cervello a un certo punto, da circa 1000 generazioni più o meno, ha iniziato a contrastare le contromisure tipiche dell'evoluzione inventando cose come agricoltura, allevamento, igiene, medicina, meccanizzazione della produzione...
Insomma un bel guaio perché, fuori dai meccanismi evolutivi per tempi corti e contromisure efficaci, il rischio di arrivare dritti dritti all'estinzione è concreto.
Ne possiamo uscire solo usando il cervello e cambiando i nostri atteggiamenti culturali.
Però bisogna anche dire che le ultime generazioni qualche segno di ravvedimento lo danno.
La consapevolezza che non possiamo usare i nostri simili come schiavi inizia a farsi strada circa 50 generazioni fa, nel 960 Venezia (!) vieta (formalmente) il commercio degli schiavi.
La coscienza ambientalista comincia a formarsi 3,5 generazioni fa, prendendo come data simbolo la pubblicazione nel 1948 di "Our plundered planet".
Il senso del dovere verso i patrimoni culturali è di 2,3 generazioni fa, quando viene firmata nel 1972 la Convenzione Unesco.
Insomma, ancora siamo nel casino, ma un po' di ragione si vede 🙂
Nanni, tutto perfetto e giusti ragionamenti assolutamente condivisibili, ma. c' è un ma.
Sono molto ''provinciali'', nel senso che la coscienza culturale è cresciuta, ma si sviluppa solo in stati piccoli che nel globale nulla possono fare.
Africa, Asia, lí ci sono i 3/4 della popolazione globale, credo, o poco meno, e questi, per mancanza di quella cultura che in italia, Svizzera e Svezia si cerca di inculcare alle popolazioni, se ne strafottono.
Secondo me è veramente una battaglia persa, se 3 milioni di lombardi fanno la differenziata al 99 per cento, mentre India e cina i 2.5 bilioni di persone vomitano veleni, plastica e co2 24/7.
Lo vedo da 'ste parti, non vi è la minima cura, la gente butta plastica ovunque, le batterie piccole del walkman o dell' auto, non hanno punti di raccolta e vengono cacciate via come e quanto una latta vuota di pomodori. L' olio esausto riversato sul terreno, dai, veramente, ok che ci vogliamo sentire orgogliosi di tutelare l' ambiente, ma il ns è solo un atteggiamento, forse per sentirsi meno colpevoli, ma non cambia assolutamente una virgola.
Balboa, un giorno diventerò un barbone, per i motivi che hai illustrato.
pensa che dietro casa ho un piccolo fiume ed effettuo la pulizia del fondale ( 2- 3 volte l'anno) e ogni giorno la pulizia degli argini, si raccoglie circa 1 quintale di plastica l'anno.
Per me il singolo ha importanza e conta qualcosa nel suo comportamento, d'altronde quei coglioni e poveracci che inquinano e sporcano non sono altro che tanti singoli.
Sono consapevole che se uno non c'ha da mangiare non pensa di certo a fare la differenziata e tantomeno non è interessato alla salute del proprio ambiente e dell'ambiente come totalità. Per fortuna di persone che non si arrendono al declino ce ne sono tante.
maxiii
Quint, Oh fa stare bene la coscienza, eccome, ma non cambia nulla nella globalità. Se tu potessi vedere qui in Asia......
Avevo un amico italo australiano, ora è mancato, che lavorava per una miniera d' oro in Borneo, mi diceva che dalla miniera per 200 km, parlando di fiumi, il cianuro, usato per l' estrazione, aveva reso il fiume rosso e totalmente morto con tutti i danni conseguenti alla popolazione ed ambiente.
Un altro che con 100 persone, alle quali ho fatto da tramite per comprare 100 maschere boccagli e pinne, rastrellava migliaia di cetrioli di mare al giorno per venderli in cina, lo stesso che disboscava selvaggiamente e coltivava zafferano, sempre in Borneo.
in Cambogia e Vietnam le spiagge sono depositi a montagne di spazzatura ovunque.
Stanno devastando il mondo, altro che differenziata di 4 gatti e l' auto elettrica per i pochi che se la possono permettere.
La realtà è questa, atteggiamento positivo e speranza non fa mai male, ma non risolverà un bel nulla.
nigel68
Esattamente Maxii, solo chi ha veramente visto il mondo sa... purtroppo. Invece è dagli anni '70 che ci scassano i maroni con l'ambientalismo da salotto costringendoci a pagare sempre di più per qualsiasi cosa in nome del "pianeta". Chissà come mai la nostra amica Gretina non è andata a protestare da Xi Jinping o dal simpatico Modi, tanto per dirne due a caso...
maxiii
Visto che nulla si può risolvere, ne hanno fatto un buon business, caro Nigel, almeno qualcuno ci guadagna :hammer:
Herzog
nigel68 wroteEsattamente Maxii, solo chi ha veramente visto il mondo sa... purtroppo. Invece è dagli anni '70 che ci scassano i maroni con l'ambientalismo da salotto costringendoci a pagare sempre di più per qualsiasi cosa in nome del "pianeta". Chissà come mai la nostra amica Gretina non è andata a protestare da Xi Jinping o dal simpatico Modi, tanto per dirne due a caso...
Come far decadere una discussione nobile, nata come pensiero per gli amici in difficoltà.
nigel68
Qualche messaggio sopra si inneggiava a pubbliche impiccagioni... non è proprio una "discussione nobile" 😉 Il pensiero di solidarietà resta, ma non puntiamo il dito alla Luna.
Neophytus
Herzog wrotenigel68 wroteEsattamente Maxii, solo chi ha veramente visto il mondo sa... purtroppo. Invece è dagli anni '70 che ci scassano i maroni con l'ambientalismo da salotto costringendoci a pagare sempre di più per qualsiasi cosa in nome del "pianeta". Chissà come mai la nostra amica Gretina non è andata a protestare da Xi Jinping o dal simpatico Modi, tanto per dirne due a caso...
Come far decadere una discussione nobile, nata come pensiero per gli amici in difficoltà.
Torniamo seri. E meno ignobili. Io quarant'anni fa HO SCELTO di vivere a Venezia: ero uno studente squattrinato, sono in seguito diventato un operaio squattrinato, che ha sempre pagato le tasse (ovviamente) e compiuto i propri doveri civici e che, insieme con molti altri cittadini, ha provato a far vivere in sé e nelle persone con le quali comunicava una IDEA di Venezia che è l'esatto contrario della realtà che oggi, e solo oggi purtroppo, occupa le prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Oggi, dopo l'ultima catastrofe (ma non sarà l'ultima) so con dolorosa certezza che quella IDEA non riuscirà a vivere durante il tempo che mi è stato assegnato. Ma, per dio, né io né i cittadini che custodiscono e promuovono l'IDEA DI UN'ALTRA VENEZIA, di una Venezia possibile, ci lasceremo scoraggiare, anche se con l'acqua alle caviglie, ai ginocchi, al petto, al collo, al filo della bocca.
Due contributi informativi:
https://www.ilsole24ore.com/art/venezia-ecco-come-sta-sprofondando-e-mose-non-c-entra-ACCSAyz
https://www.youtube.com/watch?v=ab2BYCN_dJg
E, per piacere, chi non sa o non ha di meglio da dire, si faccia avanti e taccia.
nigel68
Neo, hai fatto benissimo a citare quelle due fonti... in particolare vorrei sottolineare questo passaggio:
"Chi dice che l’acqua alta di Venezia è dovuta ai cambiamenti climatici ha ragione e torto al tempo stesso: ha ragione quando dice che il mare si alza, ma ciò accade da almeno 129 anni; ha torto quando cerca di correlare l’innalzamento del mare di Venezia con i nuovi fenomeni climatici attuali, i quali oggi non sono ancora pienamente leggibili."
Slowhand
Letto l'articolo, e ascoltato Travaglio (giusto perché Neo lo riteneva opportuno, che a me il soggetto provoca l'orticaria).
Sono, in entrambi i casi, delle disamine approfondite, lucida quella dell'articolo, un po' meno quella di Travaglio (ma, onestamente, devo riconoscere che non è tutta colpa sua, è evidente che l'intervistatore vuole sfruculiarlo sul tema della corruzione -su cui, questo si per colpa sua, si avvolge spesso).
Solo che sia all'articolo sia a Travaglio manca un pezzo, anzi due:
1) il primo, e lo cito solo per amore di polemica fine a se stessa, è che il MOSE fu praticamente imposto dalle stesse cassandre ambientaliste che oggi si stracciano le vesti: il "NO, forte e chiaro, senza se e senza ma" da loro opposto a qualsiasi altra ipotesi di soluzione (parola sulla quale ci sarebbe molto da dire, magari lo dico dopo) ha di fatto guidato la scelta politica verso il MOSE: ovvero il progetto più complesso, costoso, incerto e macchinoso che si potesse immaginare. Ora, io sono stato e resto uno di quelli che considera il MOSE un progetto degno al massimo di una storia di Paperino, una di quelle cose assurde inventate da Archimede per ordine dello Zione che funzionano nelle venti pagine di un fumetto. Esiste davvero una storia Disney in cui Paperone incarica Archimede di trovare un modo per salvare Venezia. Il genio di Paperopoli inventa un cuscino d'aria, da porre sotto le isole, che, gonfiato al momento opportuno, le innalzerebbe sopra il livello delle acque: ecco, per me il MOSE ha le stesse identiche possibilità di riuscita. Ma, siccome non mi dispiacerebbe salvare Venezia, dirò che, al punto in cui siamo, i soldi li abbiamo già spesi, almeno non buttiamoli a mare: tanto vale provare anche questa, hai visto mai che Archimede ci avesse preso. E allora, scusate, anche se tutti i bastardi del mondo ci hanno mangiato tutto il mangiabile, l'importante è finirlo prima che si può, e poi incrociare le dita e sperare che funzioni.
2) Questa è più facile, e breve: Travaglio punta il dito sui "responsabili", il giornalista offre al pubblico ludibrio tutte le baggianate dette in questi giorni e prima. Ma cosa si possa, si debba fare, quale sia la "soluzione", nessuno dei due si azzarda nemmeno a suggerirlo soltanto. Grazie, siete bravi, avete anche ragione, ma così -perdonate- serve a poco.
Aggiungo una piccola chiosa: riflettevo, prima, sulla "soluzione". Ecco, forse noi ci siamo abituati un po' troppo ad aver fiducia nelle magnifiche sorti e progressive, ma esiste, in un angolo, remota e "scansata", rimossa, la possibilità che Venezia non possa essere salvata (vale anche per il mondo, eh).
Crediamo, ormai di default, che la tecnologia, la conoscenza, le nostre capacità risolveranno ogni problema: ecco, non è detto. Non è così scontato.
Se non ricordo male, il più importante museo di fossili marini che abbiamo in Italia si trova ai piedi delle Alpi (ci sono stato da piccolo, abbiate pazienza). Ecco, vuol dire che lì, un po' di tempo fa, c'era il mare. Ora non c'è più, e questo dovrebbe insegnarci una cosa: che la Terra (il pianeta) vive di fenomeni che noi non possiamo né prevedere, né controllare, né contrastare in alcun modo. Può darsi che Venezia sia insalvabile, con o senza il MOSE, le dighe, le bocche di porto, il canale petrolifero, Marghera, e via così. Non voglio dire che non dobbiamo provarci; ma vorrei dire che, prima di caricare su qualcuno (o qualcosa) la "responsabilità" di certi fallimenti e di tutte le apocalissi reali o immaginate, bisognerebbe riflettere sulla nostra realtà di esseri tanto presuntuosi quanto fallibili.
Neophytus
Io invece non voglio fare polemica - con un amico come Slow, figuriamoci 🙂 - ma quello che lui ha detto al punto primo non è corretto. Il NO MOSE viene da lontano e viene dalla cittadinanza "avvertita", dai politici "avvertiti", dagli ambientalisti "avvertiti": dalla maggioranza delle persone pensanti che già allora si mobilitavano, quando la valanga di soldi cominciava a piovere nelle casse del Consorzio Venezia Nuova e nelle tasche dei corrotti. Nei primi anni '80 - io vivo a Venezia dal gennaio del 1980 - la città era letteralmente tappezzata da una cartellonistica (internet non c'era, in TV non se ne parlava) che spiegava PERCHE' NO e che qualunque passante non distratto dalla già truculenta "offerta turistica" avrebbe potuto fermarsi a leggere.
Aggiungo un altro ricordo personale: tra il 1986 e il 1988 svolgevo i miei venti mesi di Servizio civile presso la sede mestrina della Lega Ambiente ed ebbi la possibilità di formarmi, da profano, un'opinione circa la sceleratezza "tecnica" di quel progetto: proprio grazie a quel Paolo Cacciari citato da Travaglio, che da vicesindaco (fino al 1985, ultimi anni dell'amministrazione di Mario Rigo) fu fermissimo nel combatterlo e che venne a raccontare a noi obiettori della Lega Ambiente, insieme con tecnici (di parte: ca va ecc.) il perché e il percome.
Ma anche il secondo punto mi convince poco. Un po' perché non credo nell'Apocalisse cristiana, un po' perché credo in quella ambientale, che riguarderà la Terra intera e che anticiperà di alcuni milioni di anni la naturale morte del sole e del nostro sistema planetario. Nei prossimi, non dico milioni di anni, ma decenni, vogliamo provare a fare qualcosa per scongiurarla? Anche, e non solo, a partire da questo unicissimo gioiello che è Venezia?
Quint89
nigel68 wroteEsattamente Maxii, solo chi ha veramente visto il mondo sa... purtroppo. Invece è dagli anni '70 che ci scassano i maroni con l'ambientalismo da salotto costringendoci a pagare sempre di più per qualsiasi cosa in nome del "pianeta". Chissà come mai la nostra amica Gretina non è andata a protestare da Xi Jinping o dal simpatico Modi, tanto per dirne due a caso...
Tutti gli altri sono ignoranti vero? :hammer: dai su, non voglio fare polemica 😉 ma attenzione ad esprimersi in modo adeguato senza cadere in basso 😉
La cara Greta, simpatica o meno, ha portato fortemente alla ribalta il problema ambientale che in ogni caso c'è ed è tangibile.
Per quanto riguarda Venezia, tralasciando le disamine sui fenomeni climatici, auspicherei che il MOSE fosse finito nel più breve tempo possibile, in fondo hanno/abbiamo pagato, non terminare l'opera, di dubbiosa utilità, sarebbe anche peggio.
Nell'articolo vengono evidenziate numerose criticità che potrebbero essere portate a risoluzione parziale o totale, per prolungare il più possibile la vita a questa città unica, ad esempio vieterei il passaggio delle grandi navi, devono avere un effetto devastante sul compattamento del terreno e sulle fondamenta degli edifici per non parlare delle sponde a contatto con l'acqua.
caricabasso
Quint89 wrotenigel68 wroteEsattamente Maxii, solo chi ha veramente visto il mondo sa... purtroppo. Invece è dagli anni '70 che ci scassano i maroni con l'ambientalismo da salotto costringendoci a pagare sempre di più per qualsiasi cosa in nome del "pianeta". Chissà come mai la nostra amica Gretina non è andata a protestare da Xi Jinping o dal simpatico Modi, tanto per dirne due a caso...
Tutti gli altri sono ignoranti vero? :hammer: dai su, non voglio fare polemica 😉 ma attenzione ad esprimersi in modo adeguato senza cadere in basso 😉
La cara Greta, simpatica o meno, ha portato fortemente alla ribalta il problema ambientale che in ogni caso c'è ed è tangibile.
Per quanto riguarda Venezia, tralasciando le disamine sui fenomeni climatici, auspicherei che il MOSE fosse finito nel più breve tempo possibile, in fondo hanno/abbiamo pagato, non terminare l'opera, di dubbiosa utilità, sarebbe anche peggio.
Nell'articolo vengono evidenziate numerose criticità che potrebbero essere portate a risoluzione parziale o totale, per prolungare il più possibile la vita a questa città unica, ad esempio vieterei il passaggio delle grandi navi, devono avere un effetto devastante sul compattamento del terreno e sulle fondamenta degli edifici per non parlare delle sponde a contatto con l'acqua.
Il Mose non funzionerà mai, mettiamo il cuore in pace.
Le criticità sono tante e note anche al più inesperto dei pescatori lagunari : deposito di fanghi, corrosione galvanica, ossidazione, alghe e concrezioni varie.
Si prevedono costi di manutenzione insostenibili.
Neophytus
caricabasso wroteQuint89 wrotenigel68 wroteEsattamente Maxii, solo chi ha veramente visto il mondo sa... purtroppo. Invece è dagli anni '70 che ci scassano i maroni con l'ambientalismo da salotto costringendoci a pagare sempre di più per qualsiasi cosa in nome del "pianeta". Chissà come mai la nostra amica Gretina non è andata a protestare da Xi Jinping o dal simpatico Modi, tanto per dirne due a caso...
Tutti gli altri sono ignoranti vero? :hammer: dai su, non voglio fare polemica 😉 ma attenzione ad esprimersi in modo adeguato senza cadere in basso 😉
La cara Greta, simpatica o meno, ha portato fortemente alla ribalta il problema ambientale che in ogni caso c'è ed è tangibile.
Per quanto riguarda Venezia, tralasciando le disamine sui fenomeni climatici, auspicherei che il MOSE fosse finito nel più breve tempo possibile, in fondo hanno/abbiamo pagato, non terminare l'opera, di dubbiosa utilità, sarebbe anche peggio.
Nell'articolo vengono evidenziate numerose criticità che potrebbero essere portate a risoluzione parziale o totale, per prolungare il più possibile la vita a questa città unica, ad esempio vieterei il passaggio delle grandi navi, devono avere un effetto devastante sul compattamento del terreno e sulle fondamenta degli edifici per non parlare delle sponde a contatto con l'acqua.
Il Mose non funzionerà mai, mettiamo il cuore in pace.
Le criticità sono tante e note anche al più inesperto dei pescatori lagunari : deposito di fanghi, corrosione galvanica, ossidazione, alghe e concrezioni varie.
Si prevedono costi di manutenzione insostenibili.
Sì, i costi sono già decuplicati rispetto alle previsioni di progetto. Non è ancora terminata la messa in opera ed è già in restauro. Senza contare che - non ricordo se è detto in uno degli articoli che ho postato - era stato pensato per far fronte, e quindi per "lavorare" circa cinque o sei volte all'anno al cospetto di maree eccezionali (e di fronte a maree eccezionali, come l'ultima che è stata una sorta di tsunami e perciò diversissima da quella del 1966, non è detto che non produrrebbe un "effetto Vajont") mentre ora dovrebbe attivarsi, hanno calcolato, 355 giorni. Un progetto faraonico e tecnicamente sbagliato - esattamente come dice Travaglio in estrema ed esattissima sintesi.
(ah: ben trovato caro vecchio Caricabasso 🙂 )
mr-r
E' dall'inizio della discussione che penso se postare o meno questo mio pensiero che, magari non apporterà nessun elemento tecnico utile, ma forse potrà fornire un ulteriore punto di vista.
Amo Venezia, la amo alla follia.
Una volta ho letto che ognuno di noi si sceglie una città ideale, bene, per me è Venezia. E non la amo solo perché ha dato i natali a mia madre o perché ho in mente i ricordi di quando da bambino andavo a Castello a trovare mia nonna.
La amo per la sue origini (mitiche): un gruppo di cittadini romani che, per salvarsi dalla distruzione, dall'imbarbarimento, fonda un "piccola Roma". Un centro di cultura e bellezza al centro di in un mondo che va in rovina.
La amo per la sua storia: una piccola città di palafitte che, grazie all'intraprendenza, al coraggio ed al genio dei propri abitanti diventa ricchissima e domina i traffici commerciali nel mediterraneo. Una città che accoglie e rispetta tutti, ma che è pregna dei propri usi, costumi, tradizioni e leggi e che non tollera che vengano infranti.
La amo per la sua bellezza: un ponte tra occidente ed oriente che in ogni angolo testimonia come l'uomo tenda al bello, all'arte e alla cultura.
La amo per i suoi aneddoti (e questo si ricollega alla sua storia): in ogni angolo della città vi è un posto, una lapide, una statua, una pietra che ci racconta di imprese eroiche, di storie lontane e di fatti storici che abbiamo studiato sui libri.
La amo per la sua gente: intendiamoci, i veneziani (come tutti i veneti) non sono molto potabili di primo acchito, quando però si supera quella scorza iniziale, quei modi magari un po' bruschi (pensate per me che fatica spiegarlo a mia moglie che è pugliese) si scopre un tesoro. Persone che non inclini ai salamelecchi, alle cortesie di facciata e alle cerimonie, ma persone, che nel momento del bisogno, ti danno di cuore tutto quello che hanno.
Per questi e per tutta una serie di altri motivi, almeno una volta all'anno vado in laguna (che non si esaurisce con Venezia, c'è un bellissimo mondo oltre la città) e mi piange il cuore vedere che ogni anno che passa la città si trasforma sempre di più in una immensa Gardaland, in una macchietta di se stessa.
Sia chiaro però che non si può stare sempre a frignare ed a puntare il dito verso gli altri (dico gli altri, perché, in qualche modo, mi sento un pochino veneziano anche io). Oltre al Mose, alla corruzione, a quello che volete, bisognerebbe guardare se stessi e farsi un piccolo esame di coscienza per capire che una buona fetta dei problemi della città derivano dall'ingordigia.
I canali profondi decine di metri per far entrare le mega navi in laguna non si sono scavati da soli, interi palazzi non si sono venduti da soli alle multinazionali del turismo, i negozi non si sono ceduti in blocco da soli ai venditori di chincaglierie, gli appartamenti non si sono affittati da soli agli studenti a prezzi folli, ecc...ecc...
Forse chi non ha amato la città sono stati effettivamente i veneziani.