Slowhand wroteNon ho capito se vuoi sapere cosa ne pensiamo di Greta, o se dobbiamo investigare le ragioni ultime del nostro essere immanente e del trascendente. Nel dubbio, dato che per la seconda ipotesi non ho tempo (mi aspetta la seconda pausa caffè, dedicata ai risultati del campionato), vi dico quello che penso del fenomeno-Greta (perché di Greta in se, dato che non la conosco, non penso niente).
Partiamo dalle cose buone: io sono cresciuto in un'epoca in cui, per i giovani, tutto era invaso dalla politica. C'era gente che sparava per le strade, si temeva la terza guerra mondiale, e nel nostro orticello si affrontavano marxisti, liberali, cattolici, fascisti, tutti con la pretesa che la vittoria di uno qualsiasi degli "altri" avrebbe significato la rovina. Ci si doveva schierare, perfino l'abbigliamento era differenziato, una partita di calcio tra licei diventava occasione di riunione del comitato studentesco perché bisognava decidere se si poteva giocare contro quella scuola che aveva la nomea di essere "piena de fasci", manco fosse la finale di Coppa Davis. Scioperi, referendum, manifestazioni: si faceva -senza esserne consapevoli- una ben definita parte in commedia, credendo di avere qualcosa da dire, illudendoci che non fosse stato mai detto, sperando che potesse cambiare qualcosa ma, soprattutto, immaginando che fosse qualcosa che dicevamo "noi", e non -come invece era- qualcosa che eravamo indotti a pensare. Dopo di che, come reazione, venne il famoso "edonismo reaganiano": 'fanculo tutta 'sta roba, datemi il motorino, il Moncler e le Timberland. A seguire vennero altre cose (le tv, i videogames, poi il pc, lo smartphone...), così che i ragazzi, giustamente, non avevano più alcun interesse a guardare oltre la porta della propria stanza; quasi trent'anni sono passati senza che "i giovani" si mobilitassero per qualcosa. Greta è riuscita a smuovere tutto questo e, anche se forse si tratta di un entusiasmo passeggero, e sicuramente ingenuo, beh, mi fa piacere vedere che dei ragazzi si interessino di qualcosa di diverso dalla definizione della fotocamera dell'ultimo modello di supertelefono. Da questo punto di vista, il fenomeno-Greta è senz'altro positivo.
Poi, però, dall'alto del mio mezzo secolo, posso permettermi di ricordare che noi, da giovani, abbiamo manifestato per un sacco di cazzate, e che se ci avessero dato retta probabilmente il mondo oggi sarebbe ridotto peggio di quello che è (ci vuole l'autoreferenziale presunzione ottusa di un Nanni Moretti, per credere oggi che noi, allora, pensassimo e facessimo "cose giuste"). E posso, di conseguenza, permettermi di dubitare che tutti questi giovani Savonarola, che accusano di empietà tutto quello che è venuto prima di loro (i malefici influssi del sessantottismo sono impossibili da estirpare), abbiano ragione, e di questo dirò tra un attimo.
Posso, ugualmente, riflettere sul fatto che Greta, se volesse guardare a chi le ha rubato il futuro, dovrebbe per prima cosa guardare ai suoi genitori, che -presi dalle loro fissazioni millenaristiche- la hanno plasmata secondo i loro pregiudizi, e la usano come ariete, privandola della scuola, della possibilità di interagire coi suoi coetanei, di crescere in modo "normale", facendo le proprie esperienze e le proprie cazzate. Di diverso da chi mandava le proprie figlie alla selezione di "Non è la RAI" o del "Grande Fratello" c'è solo la presunta "superiorità" del fine.
Posso, anche, pensare che gli adolescenti abbiano grandissime potenzialità ed energia, ma certamente pochi strumenti culturali e ancora meno strumenti di discernimento. In un altro topic di questo forum si parla di libri che consideriamo "importanti": bene, quanti di quei giovani che l'altro giorno hanno riempito le piazze hanno mai letto un libro, un articolo scientifico sul clima? E quale, e chi glielo ha consigliato? E posso -magari presuntuosamente- ritenere che i miei, di strumenti, consentano una valutazione un po' più elaborata e approfondita di quella di un sedicenne, e che quelli di scienziati, sociologi ed economisti siano ancora più affinati: "uno vale uno" può andar bene se si gioca a morra cinese, ma se c'è da fare un lavoro specifico un esperto preparato e bravo sarà meglio di un qualsiasi coglionazzo ignorante e sciatto. Mi sta bene che l'Ipse dixit non sia accettato quale unico criterio di valutazione, non mi sta bene che lo si cancelli o lo si ignori, e non mi sta bene che un ragionamento fattuale e logico, basato su dati concreti, sia declassato a "opinione" alla pari del delirio di un mentecatto il cui unico processo mentale è il corto circuito. E così, anche se suona scontato o perfino reazionario, ai giovani direi di manifestare la domenica (possibilmente dopo la Messa) e di continuare ad andare a scuola gli altri giorni, perché se vogliono "cambiare il mondo" devono studiare, imparare, pensare, cercare di capire.
«Ma è questa la purezza?» domandai inorridito. «Ce ne sarà anche di un’altra sorta,» disse Guglielmo, «ma, quale che sia, mi fa sempre paura.»
«Cosa vi terrorizza di più nella purezza?» chiesi.
«La fretta» rispose Guglielmo.
Cosa pensi io del cambiamento climatico non ha una grossa importanza, anche perché -purtroppo per tutti noi (voi)- non sarò chiamato a prendere alcuna decisione in merito. Posso riflettere sul fatto che se oggi si innalzano montagne dove prima ondeggiavano gli oceani, se i dinosauri sono solo un ricordo fossile, e altre amenità del genere, vuol dire che di "cambiamenti importanti" la Terra ne ha visti un bel po'; e posso anche pensare che voler attribuire all'uomo la responsabilità di interferire sul clima è forse la conseguenza psicologica di un bisogno di autoaffermazione che deriva proprio dall'aver cancellato il legame con le proprie radici. Così come il desiderio di estinzione che caratterizza buona parte di questa "tesi della decrescita" altro non è che conseguenza del senso di colpa che inevitabilmente colpisce chi rimuove da sé il senso della propria esistenza. Ma ora sto sconfinando anch'io, e mi aspettano per il caffé. Vi lascio con un'ultima provocazione: alla fine, come tutti gli animali, siamo dotati di un forte istinto di sopravvivenza. E così, quando diciamo (dicono) che "è necessario salvare il pianeta", diciamo (dicono) una mezza verità: il pianeta esisteva e stava benissimo prima di noi, e anche dopo di noi -se, poveri stolti, non credete nell'Apocalisse- troverà ugualmente un equilibrio, e sarà comunque il migliore dei mondi possibili. Il pianeta in se non ha alcun bisogno di essere salvato, quello che vogliamo (vogliono) salvare è il pianeta a nostra misura, quel particolare momento evoluzionistico in cui l'equilibrio planetario consente la nostra esistenza. Ma, ammesso che tutto questo abbia un senso, a che servirebbe (tentare di) salvarlo a nostra misura, se per farlo dobbiamo estinguerci?
Nell'attesa di sparire, forse è meglio farsi due risate (Una risata vi seppellirà, ricordate?):
George Carlin - Salviamo il pianeta