Così accade che in una calda sera d’inizio luglio ti chiami Gil per chiedere di un paio di pezzi che dovresti avere, parti del motore donatore che lui ha smontato per far rinascere la tua Royal e, ancora prima di capire di che si tratti, stai già scorrendo mentalmente l’agenda delle prossime 24 ore per trovare il tempo di portarli.
Tra impegni lavorativi, famigliari e faccende varie, due ore che ad ogni costo devi tirare fuori dal cilindro perché questa volta puoi fare qualcosa per ricambiare e perché sai che quando vai lì quello che porti via in termini di esperienza e conoscenza è sempre più di quello che lasci.
Mercoledì esco da casa dopo essermi assicurato di aver messo via i pezzi, giornata rovente fin dal primo mattino, difficile credere alle previsioni che annunciano temporali intensi, le ore in ufficio scorrono regolarmente e alle 17.30 affronto la tangenziale ovest per raggiungere Gil.
Un inferno bollente di metallo e asfalto, tre corsie imballate, viaggio con casco e giubbotto aperti scorrendo lentamente le auto sulla destra.
Finalmente dopo 37 km arrivo a destinazione, la porta aperta dell’officina è un’immagine rassicurante per chi tra quelle mura ha visto rinascere la propria moto.
Arriva Gil, come sempre gentile e accogliente, faccio la consegna e mettiamo la mia Royal sul ponte per regolare la catena e per un controllino generale.
Il caldo non da tregua e tra un discorso e l’altro mi soffermo a pensare a quanto sia maschia questa cosa: un incontro in officina tra motociclisti in una caldissima giornata di luglio con la moto sul ponte e le mani sporche d’olio...finché i miei pensieri non vengono interrotti dal telefono di Gil che suona.
Prima di rispondere gira il display verso di me
<<guarda chi è…!>>
GD che chiama Gil e io sono lì che la vivo in diretta!
<<GD è lì con MarSeb…sì, io sono qui con Lillaghe>> e in un attimo mi è sembrato di essere nel bel mezzo dell’organizzazione di un’orgia gay con YMCA in sottofondo e quattro uomini sudati ed eccitati al telefono…
E invece no, nulla di così banale: GD chiamava Gil per organizzare una nuova sessione all’École, un evento imperdibile con i migliori meccanici Royal presenti in Italia, tutti insieme al lavoro per una giornata di divertimento, conoscenza e condivisione.
Il tempo passa veloce e tra le moto e l’euforia per l’invito di GD sono già passate le 19 così mi rimetto in viaggio verso casa, come previsto portandomi dietro qualcosa di bello!
Questa volta pur di evitare la tangenziale scelgo di attraversare la città, 34 km seguendo il navigatore.
Nonostante l’ora il sole picchia implacabile, il cielo libero dalle nubi ma lattiginoso e pesante, dei temporali neppure le premesse, ma a questo punto chi ci pensa più, ora via a casa per cena!
San Siro poi Lotto, il traffico è intenso ma tutto sommato ci si muove, Monumentale…qualche goccia pesante ma vado avanti, non si bagna nemmeno il cellulare fissato al manubrio, c’è ancora il sole.
D’un tratto le gocce pesanti e sporadiche che potevo contare sulla visiera si trasformano in migliaia di aghi freddi, veloci e pungenti che picchiano violentemente sul casco e attraversano l'abbigliamento tecnico estivo e i pantaloni, improvvisamente sono completamente bagnato e la visibilità da dietro la visiera è annullata, mi fermo il prima possibile per mettere all’asciutto il cellulare e procedere fidandomi solo del mio senso dell’orientamento.
Il traffico intenso ma ordinato di pochi istanti prima pare impazzire, gli automobilisti sembra che abbiano più fretta e cercano di anticipare semafori e di ficcarsi ovunque, i dueruotisti idem, aumentando decisamente la velocità e rischi connessi, ma io sembro essere l’unico ad aver paura di cadere.
Ormai ho tanta acqua addosso da non sentirla più, procedo al massimo a 40 km/h con gli occhi fissi alla strada ora di pavé, ora percorsa da rotaie del tram, deciso ad arrivare a casa al più presto ma mancano ancora parecchi chilometri, non ho raggiunto ancora piazzale Loreto e i rischi lungo il tragitto sembrano solo aumentare.
Con la visiera alzata la situazione non migliora, devo tenere gli occhi socchiusi per evitare stilettate di pioggia e l'acqua mi entra anche in bocca tant'é che mi ritrovo d'istinto a sputare...con il casco integrale indossato...
Gli ultimi raggi di sole sono scomparsi , si fa sentire anche il freddo, non riesco a capire se sia più gelata l’acqua che mi arriva addosso a secchiate da ogni dove oppure l’aria che prendo in marcia.
La strada è coperta da uno strato d’acqua di qualche centimetro, accelero e freno molto cautamente per non perdere aderenza, a un certo punto davanti a me si presenta una pozza dal diametro di un paio di metri profonda tanto da non vedere l’asfalto sotto.
Non posso allargarmi perché non ho visibilità dietro di me, non posso fermarmi…d’un tratto mi viene d’istinto di alzare i piedi e allargare le gambe come da piccoli quando si attraversavano le pozzanghere con la bicicletta per non bagnare le scarpe…manovra inutile e pericolosa, con un po’ di lucidità tengo il gas al minimo e mi preparo all’immersione…
Praticamente è un guado, l’acqua copre i cerchioni e lambisce le suole, si separa ai lati della moto sollevando onde, nello stesso momento un’auto mi supera innalzando a sua volta un muro d’acqua che mi colpisce da sinistra.
Con mia grande sorpresa arrivo dall’altra parte incredulo e prendo atto che la Royal non mi ha mollato, guido ormai d’istinto senza pensare più all’acqua, alle frenate o all’asfalto bagnato, ragiono meno del necessario e mi viene in mente il mio sgangherato circuito elettrico fatto di nastro isolante, fili scoperti e guaine marcite e mi chiedo com’è che la moto sia ancora accesa e nessun fusibile ancora bruciato.
E l’interruttore del cavalletto che non ho mai staccato? E quei due millimetri di cavo di rame che si vedono infilarsi nel connettore? Bah!
In tutto questo casino dove sembrano non esserci più sopra né sotto, destra né sinistra, percepisco un clacson che ha tutta l’aria di voler attirare la mia attenzione, non faccio in tempo a voltarmi che mi affianca una Royal Reddict rossa portata da un tipo in maglietta e paraschiena integrale, mi guarda e sorride, ma in quelle condizioni mi sembra il sorriso ironico e beffardo dello Stregatto…che non sia reale?
Sopra di me i tuoni non cessano di farsi sentire e ci si mettono pure alcuni lampi che sembrano veramente molto vicini, a un certo punto ne vedo distintamente uno arrivare a terra chissà dove, ma a me sembrava lì a pochi metri…
Arrivo a Sesto e poi a San Fruttuoso, viale delle Industrie, a un certo punto da destra entra in corsia un mezzo di soccorso che traina la motrice di un TIR dalle ruote posteriori, per cui io viaggiando vedo il maestoso muso della motrice e i fari accesi che puntano verso di me.
Una visione surreale, mi sembra una balena che procede al contrario guardandomi con i suoi occhi luminosi, l’unica cosa a cui riesco a pensare è
<<segui la balena, ti porterà a casa>>.
Un chilometro dopo l’altro, lentamente arrivo in zone a me famigliari quando mi accorgo che mi scappa veramente da pisciare acqua e freddo acqua e freddo acqua e freddo, d’un tratto penso se ci sia qualche categoria di sportivo che se la fa addosso…ciclisti? Piloti? Sub? Non so, eppure come fanno? Vabbé io però me la posso fare addosso tanto ormai sono completamente bagnato, prima di arrivare a casa mi attraverseranno i vestiti un’altra ventina di litri d’acqua che me frega? Io la faccio e basta, magari mi scaldo un po’…
E invece niente, farla con la consapevolezza di essere vestito non mi veniva proprio nonostante non ne potessi più.
Ormai non mi rendevo conto neanche di essere su una moto, andavo avanti seguendo la strada, attraversando pozze giganti e prendendo bombe d’acqua dalle auto che, nonostante tutto, passavano sempre troppo vicino, bagno caldo e cena non erano più un miraggio…
Finalmente raggiungo il cancello dei box, spengo la Royal ancora incredulo che mi abbia portato fino a lì in quelle condizioni, i vestiti inzuppati e incollati al corpo, tiro fuori il telecomando che fa cilecca, lui, nella sua semplicità ha mollato: troppa acqua!
Porto la Royal al coperto e ancora indossando il casco raggiungo la porta di casa, mi faccio portare sull’uscio un paio di asciugamani grandi che stendo sul pavimento e sui quali scarico una massa informe di tessuti colorati e zuppi.
Nel frattempo la vasca si riempie d’acqua calda e il water è lì e non perdo tempo a onorarlo adeguatamente.
Ceno da solo perché ormai è tardi, sfinito ma tranquillo, un po’ incredulo, lo sguardo fisso alla tavola, ma che cazzo è successo nelle ultime tre ore?
Ci penserò domani, magari metto giù due righe…però che figata, il 14 settembre ci sarà l’ École GD.
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