Dopo un sabato passato all'Ecole GDBUONO, una notte difficile per via dei bagordi bolognesi mi sveglio la domenica mattina alle 7.30 e, poco convinto, mi alzo dal letto.
Apro la finestra e vengo inondato da una pioggia solare che non vedevo da mesi, forse dall'estate scorsa, mi faccio convinto e in 15 minuti sono bell e vestito in groppa alla giapponese.
A dire la verità era circa un mese che meditavo su questo giro e come sempre, senza navigatore, con un semplice foglio scritto a mano in tasca su cui erano riportate le varie tappe, mi incammino verso l'A22.
Salto volentieri i 200 km di autostrada fino all'uscita Brixen-Pustertal e già riscopro la meraviglia dell'Alto Adige, se amate il verde, andateci, ad occhi chiusi!
Se amate belle strade, ricche di curve di vario grado e impegno, andateci!
Percorro la SS49 verso S. Candido, purtroppo trafficata e qui mi diletto a superare i tanti veicoli lenti ( penso che Dante avrebbe creato un girone apposito per camperisti e roulottisti...non me ne vogliano ma se lo meritano).
La statale via via attraversa una natura in perenne mutamento, risultando sempre più bella, più sorprendente e ricca di vari odori...dal fieno all'odore rustico di stalla, nulla mi dà fastidio anzi... ne apprezzo l'accoppiamento perfetto con un territorio moderno ma ancora rurale.
Le curve scorrono, l'asfalto caldo serpeggiante tra boschi e radure mi porta fino a Dobbiaco, sosta benzina e svolto verso Lago di Landro, supero questo bellissimo lago finchè non vedo il cartello '' Drei Zinnen - Tre Cime di Lavaredo'' . Seguo il cartello ed arrivato all'ingresso scopro delusissimo che le moto non vengono fatte passare a causa del ghiaccio, a nulla serve dire che come un co***** sono stato all'Elefantentreffen, il rigore tedesco prevale sull'insanità mentale veronese ( ''tuti mati'' dice la filastrocca!).
Deluso ma non del tutto, le tre cime le stavo comunque ammirando da più lontano, mi giro e punto verso il LAgo di Misurina, una autentica perla nelle Alpi, forse un po' turistica ma veramente spettacolare, un incontro tra acque cristalline e calme, sfiorate di tanto in tanto da uccelli acquatici e le rocce montane.
Rimango ad ammirare questo bellissimo lago e vengo abbordato da una coppia di tedeschi che inizia a farmi complimenti per la moto ( mai l'avrei detto...con la Royal era la quotidianità...!) e dopo aver chiacchierato una decina di minuti ci salutiamo e riprendo il viaggio.
Prendo il passo Alpino Tre Croci verso Cortina d'Ampezzo, la strada è bellissima, curve su curve, molto divertente, la Suzuki asseconda e invoglia ad aprire il gas ma sinceramente sono stato più rapito dalla natura ma soprattutto dal profumo di bosco, protagonisti principali di questo aroma erano i pini che come guardiani sembravano sorvegliare l'unico spazio concesso all'uomo...la strada.
Così arrivo a Cortina d'Ampezzo, per nulla impressionato l'ho attraversata, cogliendo non poca popolazione femminile di gradevole aspetto, camminare lungo i boschi e le stradine.
Per nulla sazio dei km continuo a divorare la strada verso il pezzo forte del percorso: Passo Giau, una strada ricca di tornanti, purtroppo non sempre puliti che porta fino quasi alla cima delle montagne, tanto che, dopo aver percorso svariati km, ho ritrovato la neve che avevo visto in gennaio.
Questo passo e il successivo paesaggio mi hanno fatto venire i brividi, un aspetto così sublime che non avevo mai potuto assaporare. Dopo una lunga sosta, ammirando queste vette, ho ripreso il viaggio, scendendo dall'altro versante in direzione Selva di Cadore.
Ho percorso queste ultime strade come un turista silenzioso, in punta di piedi, le varie super sportive che percorrevano i passi mi davano quasi fastidio, non tanto per la sicurezza...ma per il rumore che sembrava contaminare questi luoghi così puri, così veri, così fragili.
Come tale ho percorso anche l'ultimo passo, passo Staulanza, nel Cadore, dove ho fatto sosta all'omonimo rifugio, assaporando un'ottima birra, mangiando una fetta di Strudel,guarnito da crema alla vaniglia.
Finito il ristore mi sono diretto verso Erto e Casso, per vedere la Diga del Vajont, tristemente celebre per la morte di tante persone, nel 1963.
Non ho potuto fare a meno di provare una forte tristezza nel vedere i tantissimi lenzuolini, appesi ad uno steccato, che ricordano parte delle vittime, perlopiù bambini molto piccoli.
La nostra rovina e la rovina di questo bel pianeta siamo tristemente noi... il genere umano.
Dopo questa sosta, purtroppo mancante della visita guidata alla Diga ( azione obbligata se si vuole scendere alla base) ho ripreso l'autobahn fino a Verona.
Dopo questi 600 km ho portato a casa tantissime emozioni e soprattutto maggiore curiosità di visitare posti nuovi, come le Dolomiti, delle sculture tra le montagne, che mi rivedranno certamente, per riassaporare il loro profumo con gli occhi gonfi di emozione.
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