Un paio di settimane fa, nonostante il freddo, ho deciso di fare una piccola gita in moto. Uno dei miei soliti giri in solitaria che tanto mi aiutano ad allontanare i pensieri e che hanno un effetto terapeutico sulla mia persona.
Prima di partire il solito rito:
Controlli vari alla moto, ai documenti, all'abbigliamento.
Questa volta non ho consultato le mappe con i percorsi che ho studiato e pianificato in precedenza. Ho realizzato che con queste uscite, conosco la mia terra molto meglio di prima, perciò andrò a zonzo decidendo di volta in volta dove andare, sicuro che non avrei girato a vuoto come in passato.
Il pomeriggio è tiepido e l'aria è ferma. Sto quasi sudando con la giacca addosso, perciò apro le zip frontali e sono quasi dispiaciuto del clima: mi piace molto girare con il freddo, quando le strade secondarie sono desolate, il cielo è grigio di gelo e si respira nell'entroterra quella ambientazione cupa, "lovecraftiana", che tanto mi rapisce quando leggo le opere dello scrittore di Providence.
Scappo dalle strade principali, rombando tra i pensieri di tanti curiosi a bordo strada che sbirciano il mio passaggio.
In un attimo sono tra le campagne. Prendo la strada che si chiama "Stampalone" e da lì andrò in direzione di Chieti. Ho percorso una sola volta questa strada ed ho un buon ricordo. L'aria inizia a pungere mentre salgo di quota. Le case si fanno più solitarie e qualche sbuffo grigio di camino ne segnala la presenza. Il paesaggio mi scorre davanti come vento sulla faccia.
Un piccolo muro in mattoni ruba la mia attenzione e decido di fermarmi per fare uno scatto alla mia bella:
Leggo un'indicazione per un paese, "Appignano". Il nome punge qualcosa nella mia memoria, perciò decido di prendere quella strada. Il panorama si fa interessante. Il gelo arriva dalla montagna sulla mia destra. Quel gigante antico di ghiaccio, roccia, terra e coraggiosi alberi, rimane a guardia del territorio, come un soldato impegnato in un'eterno piantone.
Arrivo in paese ed un sparuto gruppo di ragazzi, fuori da un piccolo ed accogliente bar a bordo strada, mi da il benvenuto lasciando il passaggio libero e lanciando sguardi curiosi. Parcheggio.
Mi lascio inghiottire dalle strette vie di quel borgo. Strette calle di pietra si snodano come vene tra piccole piazze e case. La chiesa del paese è avvolta da una luce quasi mistica.
Mi concedo un ultimo giro prima di prendere la via del ritorno. Un muretto davanti ad una casa ospita ogni sorta di oggetti: isolatori in vetro per i cavi dell'alta tensione, chiodi, perni in acciaio ed un barattolo in vetro con un serpente sotto alcool. (metto il link per non urtare la sensibilità di nessuno).
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Il panorama da qui è antico.
Risalgo in moto e parto senza esitazione. Il freddo si è fatto più deciso e morde le mie ginocchia. Mi godo il viaggio di ritorno scandito dai battiti del monocilindrico a corsa lunga. Non incontro nessuno. Sorrido sotto il casco con la visiera sollevata per metà. La mia anima è inquieta in questo periodo e spesso mi sento al posto giusto sulla mia cara, fedele, Bullet. Uno scolorito segnale di traffico canalizzato mi riporta alla realtà e mi fermo per un'ultima foto ricordo. Mentre mi accingo a scattare, una ringhiante Bmw mi sfreccia accanto, agitandosi sulle irregolarità della strada. Il giallo fluo del casco sulla testa del pilota è quasi abbagliante in mezzo a quei colori invernali.
Torno a casa dopo aver fatto il pieno al distributore. E' oramai notte, le ginocchia sono un pò anchilosate dal freddo e faccio fatica a sbloccarle. Accavallo la moto sul suo tappeto e le regalo un abbraccio fraterno dandole appuntamento alla prossima fuga.