Non vi posso lasciare da soli un attimo, che fate un casino... :hammer:
Secondo la Treccani il termine "epicureo", nella lingua italiana, significa, oltre che seguace di Epicuro, "2. Con uso estens., e per lo più come sost., chi si dedica solo al godimento dei beni materiali e considera fine della vita la soddisfazione dei piaceri."
Come molti sanno, questo significato esteso ha lo spiacevole effetto-boomerang di distorcere anche il senso del significato letterale, o meglio, del pensiero del suo ispiratore. In altre parole, Epicuro, nel sentire comune, era un tizio che esortava a farsi gli affari propri godendo e divertendosi il più possibile. Il che, come gli stessi succitati molti sanno, è esattamente l'opposto di quello che pensava e diceva Epicuro (a giudicare da quel poco di scritto che ci è rimasto, e da quello che altri ne hanno riportato). Secondo Epicuro, infatti, l'appagamento dei desideri (e quindi il piacere che ne deriva) deve essere commisurato, in un attento bilanciamento, alle reali possibilità di raggiungere l'obiettivo, nonché al possibile dolore (proprio e altrui) che quel desiderio può provocare. Sintetizzando il tutto, in una frase a lui attribuita: "Se vuoi arricchire Pitocle, anziché aumentarne le rendite, sfrondane i desideri".
E come si fa a capire quali sono i desideri da sfrondare? Lo stesso Epicuro divide i desideri in tre categorie: quelli naturali necessari (mangiare, bere, dormire, vestirsi, avere un tetto), quelli naturali non necessari (mangiare tanto, vestirsi di lusso, e così via) e quelli non naturali e non necessari (diventare ricco, vivere nel lusso, e via così); non c'era bisogno di essere un genio delle filosofia, ma i greci amavano le classificazioni, e del resto, se le cose non le definisci e non le inquadri, non le capisci.
E quindi quello che Epicuro consigliava a tutti, come "via per la felicità", era di evitare assolutamente i desideri della terza categoria, cercare di evitare il più possibile quelli della seconda, e considerare che i soli desideri degni di essere soddisfatti sono quelli del primo tipo, i soli che consentono di raggiungere la felicità attraverso l'assenza di dolore (aponìa) e l'assenza di turbamento (atarassìa).
Io non lo so se Armando -che, a differenza di altri, non ho mai incontrato- sia, più o meno consapevolmente, un epicureo (nel senso vero, e non traslato, del termine); la sua città è fenicia, ma, considerando la sua verbosità e il suo voler essere sempre "dall'altra parte", non mi stupirei di scoprire tra i suoi antenati lombi (e non lompi... 😉) provenienti da quella Magna Grecia che fu ponte tre le civiltà del Mediterraneo.
Tutto questo per dire cosa?
Che quando si confrontano visioni dell'uomo e del mondo, anche nel bar virtuale di un forum di motociclisti, non si può non fare filosofia; e non si fa filosofia senza litigare, anche se si è cinici (come si è definito Duepoppe) o epicurei o stoici o quel che volete voi.
La morale? Non c'è. Si discute per il gusto di discutere, per il piacere di confrontarsi, per la curiosità di sapere cosa pensa Tizio o cosa Caio. Ricordiamocelo tutti, e -gesuiticamente 😉 - amen.
Ah, anzi, no, c'è un'ultima cosa:
Cornadure wrote Certo non sono una persona normale, non sono come voi e me ne sono reso conto sin da piccolo, ma sono felice della mia diversità e di non essere uno stereotipo.
Ecco, questa frase non mi convince tanto. Non dubito che sia sincera, ma sincerità e verità non sono la stessa cosa.
Intanto, "persona normale": siamo su un forum di motociclisti, già questo dovrebbe far capire che "normale" è un concetto piuttosto vago, se poi si considera che quei motociclisti sono (almeno in pectore) royalisti, beh, è evidente che qui, di "persone normali" (qualsiasi cosa voglia dire) non ce ne sono, e se ci sono sono un'anormalità.
Quanto alla "diversità", beh, sin da adolescenti cerchiamo la nostra identità; senza stare a citare ulteriori filosofi o teologi con la barba o senza, dirò semplicemente che "tu" sei "diverso" perché "ognuno", a suo modo, è "diverso". cedere alla tentazione di pensare agli "altri" come un "tutto omogeneo" rispetto al quale "io" sarei l'unica e sola anomalìa è una percezione distorta, che non aiuta la comprensione.
E sullo stereotipo... Tutti questi sforzi per non sembrarlo, non lo sono, in fondo, anch'essi? 😉 Chissà, forse il solo modo di non cadere nello stereotipo è la consapevolezza di essere unici, ma senza la pretesa di essere diversi.
Kaliméra a tutti.