Slowhand
Dato che l'ho trovato interessante e ben fatto, copio qui un post trovato su FB. L'autore è un tale Roberto Recchioni, blogger e fumettista di un certo rilievo.
Due parole sulla Royal Enfield Himalayan.
GELÄNDE STRASSE FOR THE MASSES
Prima di entrare nello specifico della moto, concedetemi tre digressioni.
La prima è sulla casa che la produce, la Royal Enfield.
Marchio inglese tra i più antichi in ambito motociclistico, fallito in madre patria negli anni '70 del secolo scorso ma rimasto attivo in India, dove il modello Bullit ha continuato a essere prodotto negli stabilimenti in loco, fino ai giorni nostri. Negli anni '90 la RE è stata rilevata dal gruppo industriale indiano Eicher, che l'ha rilanciato con una gamma di modelli classici rivisti e con l'introduzione di nuovo prodotti.
La Royal Enfield è nota per produrre moto di piccola cilindrata, facili da riparare ovunque ci si trovi (come piacciono agli indiani), molto robuste e capaci di andare ovunque.
Se vi dovesse capitare di leggere di qualche diario di viaggio su due ruote in India, scoprirete che la RE c'è sempre di mezzo.
La seconda digressione è sul concetto di "moto totale".
Era il 1980 quando la BMW, stanca di vedere stravincere i giapponesi alla Parigi-Dakar, decise di realizzare un modello pensato proprio per quella massacrate competizione.
Ovviamente, lo fece alla maniera tedesca, trovando una sua strada del tutto personale che, inizialmente, venne accolta con un certo scetticismo. Quando però l'R80G/S dominò quattro edizioni del raid franco-africano, ci ripensarono un poco tutti.
L'idea della BMW era quella di creare una moto molto robusta, capace di andare su strada come su fuori strada (Gelände Strasse, appunto), di essere abbastanza comoda per i lunghi viaggi e, sempre in ottica percorrenza, di avere un capiente serbatoio. Nasce così quel concetto di "moto totale" capace di andare ovunque che, nel corso degli anni, tutte le case motociclistiche (compresa la BMW stessa) hanno cercato di reinterpretare e declinare a seconda delle mode e della necessità del tempo. La G/S di rivela un buon successo costante ma mai un fenomeno, in termini di vendita. Negli anni '80 è poco emozionante e troppo pesante, rispetto alle enduro prodotte dai giapponesi. Nei '90, quando esplode la moda delle supersportive, è una moto da specialisti. Negli anni '0, con il fenomeno Monster a guidare la carica delle naked, è una moto da vecchi. E' con gli anni '10 che la G/S trova la formula perfetta per diventare la moto più venduta al mondo.
Per farlo, però, si è devo "piegare" a vari compromessi, tra cui una più spiccata attitudine stradale e borghese rispetto all'anima da fuoristrada avventurosa delle origini.
Oggi tutte le maggiori case hanno in listino almeno un modello che appartiene alla stessa categoria del G/S. Certe cercano di giocare nel suo stesso campionato (la Triumph con la Tiger, per esempio), altre provano declinazioni diverse dello stesso concetto (la KTM con una serie di modelli esagerati in tutti gli aspetti, la Suzuki con la ragionevolezza, l'Honda con una predilezione per l'offroad, la Ducati con la velocità...). Tutte però seguono un discorso di fondo tracciato dalla BMW: moto sempre più grosse, sempre più pesanti, sempre più complicate sotto il profilo elettronico e meccanico e, ovviamente, sempre più costose.
Ultima digressione, il mercato attuale.
Per quando il BMW G/S sia il modello leader delle vendite e detti le regole del gioco, negli ultimi anni lo scenario motociclistico ha iniziato a cambiare e lo sta facendo in fretta.
Le moto, dopo la grande crisi degli ultimi anni, sono tornate a vendere bene e il settore in maggiore crescita è quello delle piccole cilindrate. La ragione è presto detta: i mercati asiatici e indiani, quelli in maggiore espansione, preferiscono cubature umane, quote accessibili anche ai motociclisti più bassi e prezzi alla portata di tutti. Dall'altra parte, i motociclisti neofiti occidentali, sono spaventati dai bestioni che dominano il mercato e vanno alla ricerca di qualcosa di abbordabile, pratico e accattivante.
Ecco quindi che sta nascendo tutta una nuova generazione di moto con una cilindrata compresa tra 250 e 500, che va incontro a questa doppia domanda del mercato.
E, finalmente, parliamo della Royal Enfield Himalayan, moto indiana, primo modello concepito da zero del marchio, pensata per essere una moto totale, in grado di trovarsi a suo agio nel congestionato traffico di Mumbai come sulle infinite strade sconnesse del Nepal.
Ho la moto da alcuni mesi, ormai, e l'ho affiancata a una gigantesca Africa Twin Adventure Sports di mamma Honda.
La mia idea era di usare la piccola indiana come motoretta cittadina e per piccolo gite fuori porta, lasciando alla regina del deserto (così gli impallinati Honda chiamano l'Africa) il compito di accompagnarmi nei viaggi più lunghi e avventurosi, quelli fatti con la tenda nel bagaglio.
In realtà, per curiosità, con l'Himalayan questa estate ci ho provato anche a viaggiare sul lungo e l'esperienza mi ha messo decisamente in crisi, costringendomi a mettere in discussione tutto quello che credevo in fatto di moto.
Ma andiamo con ordine e partiamo da due nozioni importanti da tenere in considerazione leggendo questo pezzo.
- l'Himalayan costa 4.600 euro.
- l'Himalayan ha un motore 400 e soli 24 cavalli.
Sulla carta, si direbbe un giocattolo.
Poi la vedi dal vivo e la prima cosa che balza all'occhio è come è fatta.
Ed è fatta bene.
La linea può piacervi o non piacervi (a me piace da impazzire, perché sembra più un macchinario industriale che una moto e ha quel fascino da Panda 4X4 che per me è irresistibile, ma sono gusti) ma anche vi dovesse fare schifo, non potreste negare la complessiva qualità dei materiali (tanto ferro che è pesante ma resistente ed economico) e la ricercata semplicità del progetto. Basterebbe dare un'occhiata al delizio quadro comandi per accorgersene. O alla pulita progettazione del motore, di facile accesso. Oppura alla meccanica semplice ma efficace, alla portata anche di uno come me, se si dovesse trattare di fare piccole riparazioni. O alla cura con cui è disposta la cavetteria. Tutto, nella Himalayan, restituisce l'impressione di una moto di ben altra categoria per ordine di prezzo e soli pochissimi dettagli nell'assemblaggio o in talune saldature a vista, tradiscono il prezzo della moto.
Ma come va?
Qui il discorso si fa più complesso perché, per me, va straordinariamente bene, ma devi entrare nell'ordine di idee giusto.
Di solito, le moto di piccola cilindrata e con pochi cavalli, tendono a essere molto reattive sotto, con una forte spinta nella parte iniziale della corsa dell'acceleratore, per poi spegnersi ai medi e morire sugli allunghi.
Ecco, la Himalayan, no.
La Himalayan non spinge mai ma, allo stesso tempo, non smette mai di spingere.
La sua coppia, invece di avere un qualche picco da qualche parte, è distribuita su tutto l'arco di spinta e questo significa che la moto procederà sempre progressiva alla stessa maniera sia che stiate andando a 20 km orari, sia che stiate andando a 80 km all'ora.
Non è emozionante perché non vi strappa mai le braccia e non vi dai mai nessun calcio in culo, indipendentemente da quanto possiate tirarne le marce, ma non è mai vuota.
In sostanza, è un mulo che non cede di una virgola in nessuna condizione.
E ve lo dico avendola portata con una trentina di kg di bagagli, lungo i tornanti in salita del Pollino.
La sua velocità di punta è moderata (130 km orari, secondo alcuni, ma per me siamo più vicini ai 120, tirandogli il collo) e in autostrada questo limite si fa un poco sentire, ma molto dipende da quanto volete avere a che fare con le multe per eccesso di velocità. Sulle strade ad alta percorrenza, l'unico momento in cui ho davvero desiderato avere qualche cavallo in più è stato in occasione di qualche sorpasso un poco più teso. Se siete motociclisti tranquilli, quello che la Himalayan è in grado di dare, basta e avanza.
Quando alla guida, qui c'è davvero poco da dire: è una bicicletta. Ma non una da corsa, eh? Una Graziella.
E' la moto più semplice e rilassante che mi sia capitato di portare in quasi vent'anni di spostamenti su due ruote.
E come sempre capita, ci si diverte di più a portare velocemente una moto lenta, che a portare lentamente una moto veloce. Il peso, che non è indifferente, è tutto nella parte inferiore della moto. Quando si va veloci (relativamente), la rende più stabile . Quando si va piano, la rende agile, grazie alla sella bassa e i piedi ben piazzati in terra. Inoltre, il baricentro basso è utilissimo se vi dovesse cadere, ne rialzarla da terra.
Unico difetto: un impianto frenante sin troppo amichevole.
Non è che la moto non freni, è che non frena bruscamente, quindi se hai una guida un poco appuntita, finisce che ti devi attaccare a leva e pedale e stringere e pestare forte.
Dopo i primi 1000 km, comunque, l'anteriore ha iniziato a rispondere meglio. O forse sono io che mi sono adattato nella guida.
Abitabilità perfetta per quelli non troppo alti (io un poco ci fatico) e più che discreta per il passeggero.
Riparo dall'aria accettabilissimo grazie al piccolo parabrezza ben pensato.
Come si guida in off?
Sorprendentemente bene.
Il peso non è quello di una gazzella, ma il baricentro basso è una mano santa per mettere un piede a terra in caso di un pestone. Più che valide le sospensioni anteriori e il mono posteriore (in relazione al prezzo complessivo della moto).
L'ho portata in sicurezza su strade che con l'Africa mi avrebbero reso nervoso (non perché l'Africa non potesse affrontarle, sia chiaro, ma perché con le misure e il peso dell'Africa, le avrei trovate più impegnative).
La guida in piedi non è un problema, anzi.
Come ci si viaggia?
Eh.
Bene. E questo proprio non me lo aspettavo.
Ci ho fatto quasi 3000 km di strade, autostrade, strade bianche e off e non ho patito mai.
Certo, per me che sono 1 e 90, le ginocchia stanno troppo piegate e qualche centimetro in più nell'altezza della sella lo avrei gradito, ma non complesso è una moto con cui ci si può andare davvero ovunque. E quando dico ovunque, intendo pure viaggi lunghi.
Io ci ho montato un bagaglio morbido ma ha anche le sue valige in metallo (bellissime).
Attenti che il portapacchi dietro è leggerino: o lo rinforzate o lo caricate solo con una borsa a tubo. Io non ce lo monterei un orrido bauletto, sopra.
Consumi: avete presente niente? Ecco.
Cosa cambierei: volendo renderla adeguata in tutti gli aspetti, prenderei una barra del manubrio più larga e robusta, aggiungerei i paramani, monterei sospensioni e mono professionali, cambierei il pedale del freno e farei installare il pulsante per escludere l'ABS alla ruota posteriore. Una spesa aggiuntiva complessiva di 1500 euro, grossomodo.
Ma sono tutte modifiche molto specifiche per il mio tipo di utilizzo, la moto va benissimo anche così come esce dal concessionario.
E ora veniamo al perché questa Himalayan mi ha messo in crisi.
Perché costa 4600 euro.
Con quanto ho pagato l'Africa, ce ne venivano quasi quattro. Per pareggiare il costo di un GS del tutto accessoriato, ce ne vogliono cinque e un pezzetto.
E l'Himalayan non va quattro volte peggio dell'Africa e non ha un utilizzo cinque volte più limitato di un GS.
In termini di moto totale, anzi, la Himalayan fa alcune cose meglio di un GS o della mia Africona
E' meglio in città, per esempio. Ma di gran lunga.
In off è meno impegnativa (e, a meno che non siate dei manici, si muove alla stessa velocità, perché in off si va piano).
Se vi cade la rialzate.
Se vi cade, non vi mettete a piangere perché costa poco.
E' più semplice da riparare e ha costi molto inferiori.
Poi ci sono gli svantaggi.
E' meno comoda, certo.
E ha molta meno potenza (che non è detto che sia un male, specie per un neofita).
E i lunghi viaggi in autostrada non sono la sua specialità (ma li fa tranquillamente).
E non ha tutta quella roba elettronica così figa.
E non è uno status symbol di benessere economico.
Ma quando la portate, vi ricordate cosa significa andare in moto alla vecchia maniera.
Per capirci, se quando guido la mia Africa mi sento Peter Rey alla guida del Gundam, quando porto l'Himalayan sono Lawrence d'Arabia in sella al suo cammello.
E vi giuro che un'esperienza non è inferiore all'altra.
Io sono, sinceramente, convinto che la Himalayan diventerà un paradigma nel mondo motociclistico e un game changer per tutto il settore (e le vendite sorprendenti in tutto il mondo ce lo stanno già dicendo), un modello iconico alla stregua della 2CV, del Maggiolino e della Panda 4X4.
Come dico nel titolo, la Himalayan è la "Gelände Strasse for the masses", il concetto della moto totale voluto dalla BMW, finalmente alla portata di tutti, sia in termini economici che fisici. Una moto non perfetta ma che poco gli manca.