Una scorrazzata lungo la contrada del Ciauscolo, di due giorni purtroppo non consecutivi (vista l'altalena meteo che dondola fra l'afa Ferragostana e le brume invernali letteralmente in uno schiocco di dita).
Territori per noi straconosciuti, evitare doppioni o ripetizioni e di paesaggi e di emozioni è più stimolo che rischio effettivo, e la Royal si mostra mezzo adatto, come suo solito, per cercare sfaccettature non viste prima, alla ricerca di nuovi punti di vista per i medesimi paesaggi.
Prima tornata, si procede verso gli estremi sud, "sconfinando". Dal cuore geografico, dalla Vallesina, cominciamo a ridiscendere limitandoci a soli pochi km di strada a scorrimento veloce, piombando subito nella circolazione "secondaria". Da Matelica, verso Meridione, ci si apre davanti la direttrice classica in direzione Valnerina.
Piccolissimo inciso: chi conosce gli itinerari miei e di Sonia, sa che per la maggiore l'obiettivo principale è "l'esaltazione della normalità". Oggi non sarà così, oggi per assurdo c'è "l'esaltazione della anormalità". Anormalità delle persone, del fato, dei territori, degli uomini, delle sorti, fra i risvolti e le ferite apertissime nonostante gli anni che separano l'ultimo sisma e la situazione attuale.
Dopo pochi km difatti, passate le dolci curve ad ampio raggio del Colle delle Pere, cominciano le visioni che colpiscono allo stomaco come un cazzotto a piene nocche.
Prime case puntellate, nastri biancorossi di delimitazione, intonaci esplosi, in un crescendo di negatività via via più alto.
Castelraimondo presenta pochi apparenti problemi, dalla vicina Camerino il climax sprofonda senza apparente condizione di continuità (100% del nucleo urbano "zona rossa"). E si snocciolano borghi e paesini, lungo la direttiva, disabitati e "congelati" a quei momenti fatidici: segni di vita presente allora, e fuggita giocoforza ora. Tanti i cartelli e gli avvisi affissi, "Delocalizzati presso...." è cantilena ripetitiva e triste. Ogni borgo presenta infatti alter ego a pochi km di distanza, fra container e casette che aiuole, giardinetti, panni stesi ed insegne rabberciate non riescono a colorare d'allegria, nonostante la volontà. Riconoscere esercizi commerciali, luoghi, angoli a noi familiari non è ricerca perversa, quanto amara scoperta che rattrista seppur sia presente la voglia di ripartenza (non accompagnata da risultati obiettivi).
Muccia è più quartier generale di Vigili del Fuoco che paesino; qui ad ogni recente passaggio lancio il solito improperio: "il paese è andato giù, e tu sei rimasto, maledetto!", rivolto al velox che impertinente e impettito svetta fra un paio di mucchietti di macerie.
Visso in pratica "non è": imbocco per abitudine la strada che portava ai "Piani" ma, ricordando che solo una è la strada riaperta ora, svolto subito per tornare nella giusta direzione. "Chiudi gli occhi", nell'interfono a Sonia, so che girando l'angolo lo spettacolo non sarà dei migliori: la piazza di Visso sembra post bombardamento, col nastro d'asfalto che ci si snoda in mezzo.
Arrivare ai piani ora è impresa ardua: bisogna necessariamente raggiungere Norcia, sconfinando verso l'Umbria lungo una simil carrareccia che tocca Preci o Campi, o quel che ne resta, e i loro alter ego "dislocati".
Tappa a Norcia, una delle location abituali per le uscite a breve raggio, una delle prime tappe dei primissimi viaggi fatti insieme, già dal 2014. M'incastro e scatto, a ridosso delle mura...
Proprio le mura presentano i segni più tangibili dei problemi. Per il resto, paradossalmente, il paese è quello che al momento "sta meglio" :eeek: . Il clamore delle telecamere ha aiutano, inevitabilmente, e i negozi aperti all'interno sono moltissimi. Tanto tanto numerosi anche i turisti, stranieri soprattutto, che con sadismo scattano selfie, sorridenti in posa di fronte alle ferite di case e monumenti.
Ne scattiamo uno anche noi, con l'unica cosa che in piazza ha "la colpa" di non esser stato toccato e per questo non sfruttato per quelle tristi foto. Selfie col Patrono d'Europa, con San Benedetto.
Sgranocchiamo di gusto e ci rifocilliamo prima di ripartire: per arrivare ai "Piani", vicinissimi in linea d'aria, ci sono 40 minuti abbondanti di percorso da fare. La strada è tempestata di cantieri e di semafori per alternare il senso di marcia, trasformando il piccolo trasferimento in una trafila lunga e pesante.
La vista finale val benissimo le attese
Mi affeziono subito a questo scatto. Ho letto tempo fa che nelle sinagoghe spesso si inseriva un piccolo "errore" visivo, fra le decorazioni, per ricordare che la perfezione non è di questo mondo, non è propria dell'uomo. Ho qualche problema col fissaggio della borsa destra, un legaccio allentato che l'inclina leggermente. Mi fermo per sistemare, e rivedo con occhio diverso quello che ci circonda. La faglia orizzontale lungo il Vettore è monito che si scioglie nell'infinità che ci circonda. Non sappiamo se esista un minimo comune denominatore della serenità, ma nonostante tutte la avversità tangibili sembriamo esserci davvero vicini.
Altri scatti della vista
A Castelluccio niente foto: aspetteremo tempi migliori, con tutti gli auguri per tornare allo splendore che merita.
Per il rientro, giocoforza, la stessa direttiva. Da Norcia però prolunghiamo un po', allargando per Cerreto di Spoleto
e la caratteristica Sellano...
Di qui, tracciato "vecchio" della Piana di Colfiorito, ed il rientro.
Non prima d'aver tentato una puntata a Camerino, 100% zona rossa come accennavo, ma le guardie dell'Esercito alle porte della città in funzione d'antisciacallaggio impediscono l'avvicinamento.
Altro giro altra corsa: ancora spiragli di luce, e si procede verso Nord in terra di Ciauscolo.
Litoranea fino a Fano, rifuggita subito per il traffico balnear vacanziero, e ci si addentra verso Fossombrone.
Frescura ed idillio per gli occhi, la prima tappa obbligata è un altro MUST delle nostre parti. E che Furlo sia!
Ritemprati si rimonta in sella, verso il Nord, verso il Montefeltro.
Urbino, Urbania, Aqaualagna, i Duchi, il tartufo, Valentino Rossi, i separatismi romagnoli... non le solite argomentazioni, ma una tacca mancante che ancora non avevo inciso, seppur nella nostra Regione.
Marche appunto, terra di colline, soprattutto, coste e mare. Ma salite. Poche, in realtà, ma ce n'è una che non ha nulla da invidiare alle "cugine" Alpine.
22 tornanti, pendenza media al 13%, carreggiata stretta ma buona, quasi interamente nei boschi. Alcuni settori molto simili a quelli incontrati su Gavia e Mortirolo (da Mazzo). Ne avevo letto, ma dubitavo. Occorreva toccare con mano per ricredersi.
Col beneplacito del Pirata Pantani (che qui sin dai tempi del Giro Under veniva a rodare la gamba), sotto "Il Cielo del Pirata", appunto, l'ascesa al Monte Carpegna.
In un chiosco fra i boschi troviamo di che rifocillarci (Carpegna è per di più patria di uno dei prosciutti che rientrano nel Gotha italiano, con Parma, San Daniele, Modena, Berico-Euganeo, Toscano, Norcia, Cuneo, Jambon de Bosses, Sauris e Amatriciano).
Sazi di piada ed affettati ritorniamo giù a Carpegna, proseguendo il saliscendi Montefeltrino con Pennabilli e Novafeltria.
Curve, su curve, su curve, su curve.
Ne approfittiamo per aiutare due biker in panne, prima di sconfinare in Romagna, prima a Verucchio, poi a Sant'Arcangelo.
Di qui pochi km ci separano da un traguardo "storico". Il dado è tratto.
Che la Royal valichi il Rubicone! 😃
Un gatto poco propenso all'epocale passaggio di sponda.... 😃
E poi via, di rientro.
Di nuovo in Vallesina, nel cuore della contea del Ciauscolo.
Con cuore ed animo arricchiti, e quel dolce thump thump nelle orecchie....
😉