Mercoledi sera mi dicono che lunedi mattina inizierò a lavorare.
Grandissima gioia ma anche stupore per lo scorrere del tempo a dir poco vorticoso, frenetico, velocissimo,infatti non mi rendo realmente conto del susseguirsi degli eventi degli ultimi mesi… gli ultimi esami,la tesi, la laurea, l’abilitazione.
Quint studente muore e rinascerà lavoratore. Il tempo libero che avevo e i tanti post dei miei giretti ad cazzum verranno per forza di cose a ridursi drasticamente e diventerò un motociclista sognatore.
‘’Sognatore’’
Uno dei miei tanti sogni era possedere una Royal Enfield e con lei andare sul Passo dello Stelvio, da sempre una meta che porta con sé leggenda e sfida. Non ci penso due volte, vado sullo Stelvio con Ines, lei lo merita, io pure. Pulisco la moto, lucida come nemmeno da nuova… controllo bulloni, candela, viti e vitine varie, ingrasso ingolfo inumidisco quanto possibile, faccio il pieno di benzina. Monto la seconda borsa, c’è tutto: candela di riserva, tutti i cavi, wd40 generico, spray per catene e altre cosucce utili ad una gita giornaliera.
L’indomani mi sveglio già troppo tardi ma riesco a partire alle 7.40, mi ero detto di passare per Riva del Garda ma non so perché mi dirigo verso Rovereto-Trento. Il borbottio della R.E. a 70-80 km/h sono una compagnia piacevole, i pensieri e i ricordi della mia vita universitaria si accavallano come i km che col fido destriero sto percorrendo. Dell’inizio del viaggio non c’è da dire granchè se non che le strade trentine sono proprio molto belle, piacevoli, l’asfalto è liscio e senza buche, all’opposto delle bucherellate strade venete.
Supero Ala (TN), supero Serravalle, supero Rovereto dove i perenni lavori in corso generano sempre coda. Finalmente vedo il cartello ‘’Mezzolombardo’’, paesetto senza gioia né infamia, ma da cui avrei preso la statale verso Merano.
Dalle noiose tangenziali si arriva ad una strada avvolta dalla natura che ha subito comunque notevoli arrangiamenti dalla mano umana, mi godo completamente strada, moto e paesaggio, l’andatura è rilassatissima, 70-80 km/h per non sforzare il motore. Dentro di me c’è un po’ di timore che il mezzo, tra i tanti rumorini e vibrazioni possa cedere, sentimento che a tratti tornerà a farmi visita.
Arrivo a Taio, supero Cles, arrivo a Fondo, arrivo a Tret e mi fermo. Ho un conto in sospeso con questo villaggio. Da anni volevo vedere la cascata e stavolta, dopo aver parcheggiato la Bullet mi ci sono diretto, a piedi. I cartelli dicono 15 minuti, degni di una capra di montagna anche ottimista oppure sono io fuori allenamento, fatto sta che la scampagnata è bellissima, i profumi e i suoni del bosco sono magici e dopo qualche passo arrivo alla cascata! Una cascata nel più verde bosco, che modella la roccia sottostante, il tutto avvolto da alte formazioni rocciose! Bellissimo… resto veramente stupito da questo spettacolo degno di un film e dopo una breve sosta ad ammirare la natura torno verso la creatura anglo-indiana,parcheggiata al villaggio.
Dopo la sosta a Tret, supero Lana (BZ), arrivo a Merano, è quasi pranzo indi per cui mi dirigo a Lagundo, per la precisione a Forst dove pranzo con Bratwurst e una sublime PILS locale. Ci sta tutto. Il sapore del wurstel e della senape, accompagnati dall’amaro della birra Forst. Trovo comunque ‘’strano’’ che mi si parli in tedesco, nonostante io mi esprima in italiano. Comunque,dopo piccole riflessioni sull’italianizzazione dell’Alto Adige (comprese le ridicole traduzioni dei nomi dei paesi) pago il conto e torno alla moto.
Direzione Stifler Joch,Passo dello Stelvio.
Dista 60 km. Non mi ricordavo fosse così lontano comunque con una certa fatica digestiva mi ci dirigo con grande curiosità.
Ce la farà la tremolante Ines ad arrivare a quella quota?
Quasi 50 tornanti con pendenze fino al 20%.
Inizia il cammino, cerco di non forzare il motore per quanto possibile, le moto moderne mi superano di slancio, mi sento in sella ad un cavallo durante una gara di Formula Uno. I tornanti si susseguono con entusiasmo, all’inizio non riesco a percorrerli bene, causa leggero traffico dovuto a (odiosi) ciclisti, poi copiando un tizio su una motard KTM inizio a trovare maggiore feeling.
Mancano 10 tornanti, Ines vibra e si lamenta, le punterie tremano, le sto un po’ tirando il collo, d’un tratto una coppia con BMW GS cade in curva, una brutta caduta, si crea un po’ di ingorgo ma per fortuna i due non si sono fatti male. Dopo l’imprevisto si arriva in cima.
Parcheggio. Respiro l’aria fresca. Ines si gode il meritato riposo. Siamo riusciti ad arrivarci!
Siamo contornati da moto più o meno tutte uguali, nessuno si offenderà se non le ho riconosciute o le ho scambiate quasi tutte per dei GS. Qualche Harley, molte auto sportive degne di nota.
Arrivano degli appassionati in Caterham e…quale moto guardano?? La Royal Enfield!!! Incredibile! L’indianina calamita curiosità, qualcuno la guarda e la snobba, non servono 100 cavalli per viaggiare.
Comunque, dopo la sosta riaccendo il motore e lentamente affronto i tornanti in discesa, che strazio: la mia incapacità unita alla debole capacità frenante di Ines mi stressano alquanto, per fortuna la strada si distende, posso aumentare la velocità…d’un tratto mi attraversa una marmotta, forse voleva vedere lo strano essere borbottante che (lentamente) invadeva la sua terra?
Mi dirigo verso Bormio, dopo i troppi tornanti mi torna il sorriso, la mente leggera, la pancia ancora piena. Bormio, Uzza, Santa Caterina, strade in mezzo ai boschi, ricchissime di curve di vario tipo, mi piacciono moltissimo, Ines inizia a fare strani suoni quindi ogni tanto mi fermo per controllare di non aver perso dei pezzi, stringo i bulloni del paravacche indiano, a cui stupidamente non ho incollato il santino di GDBUONO che sono certo non andrebbe in R.E. in questi posti. Mi fermo per osservare un torrente. Torno alla moto e…non parte più.
L’accensione a bottone non funziona. Slitta e basta. Scalcio il pedale e niente. Sono in mezzo al nulla. Non c’è nessuno e la Royal non parte. Faccio mente locale e riprovo. Niente. Inizio a pregare un santo indiano ma niente. Dopo circa 10 minuti mi siedo sull’erba, vicino alla moto e quasi disperato grido ‘’Accenditi putt*** che sono in mezzo al nulla! Cazz* Non puoi romperti qui’’
Mi rialzo, do l’ennesimo calcio al pedale e parte. Mannaggia a lei che spavento.
Noto che in discesa il motore si imballa un po’… borbotta forte e a volte scoppietta. La cosa che più mi da fastidio è la poca sensibilità all’apertura del gas che gradirei fosse più graduale e meno brusco.
Sono in direzione del Passo Gavia, il paesaggio si trasforma gradualmente, la strada, una vera mulattiera asfaltata, a tratti è stretta, due moto ci passano con attenzione ma non è un problema, incrocio solo due moto. Qualche ciclista, la presenza umana è ridotta, emozionalmente questo passo è notevole. Il paesaggio è incredibile, sembra di essere su un altro pianeta: i declivi sembrano collage di muschi e di erbe gettati a caso da una mano invisibile e misteriosa che allo stesso tempo ha sbriciolato enormi rocce, trasformandole in pezzi di vari colori.
Arrivo al rifugio Bonetta a 2652metri. Faccio una sosta, inizio ad essere un po’ stanco.
Sono l’unico con una moto fatta di metallo. MI inorgoglisco e guardo la mappa del rifugio, mi manca ancora molta strada ( per i miei ritmi). Infatti come sempre la mia religione mi ha vietato cartine stradali e mappe, nessun ausilio elettronico è ammesso, se mi perdo son volatili per diabetici. L’orologio lo guardo poco perché per me l’essenza del viaggiare è il viaggio stesso, il contenuto emozionale del percorso e non dell’arrivo, per quel fine probabilmente ci sono cavalcature migliori di un R.E.
D’un tratto una coppia di inglesi si avvicina sorridendo, la donna come se avesse visto un alieno nudo e mi chiede: ‘’It’s english?? ‘’
Io rispondo con aplomb ‘’ Yes it is!’’ .
La donna, colta da una sferzata di entusiasmo replica ‘’ It’s wonderful! SUPER CLASSIC MOTORCYCLE!!’’
Io sorrido, ringrazio, accendo e riparto, osservato con curiosità dai motociclisti in sosta.
La strada come ho scritto è lunga, arrivo a Ponte di legno, una vera chicca, peccato non aver visto più nel dettaglio il paese. La R.E. sferraglia a più non posso, mi fermo e controllo il livello dell’olio. Tutto ok. Il motore caldo forse chiede pietà? Mah… nel dubbio ripartiamo, anche qui l’accensione a bottone toppa di brutto, fa veramente cagare ma come l’hanno fatta? su 10 tentativi del giorno ne ha indovinati 2-3 al massimo, assolutamente deludente,per fortuna il pedale non tradisce.
Attraverso parte del Parco dell’Adamello, affronto il Passo del Tonale, arrivo a Stavel, Ossana e Mezzana, sono piuttosto stanco. MI fermo in un negozio a chiedere informazioni, il sole sta calando e io sono a parecchio tempo da casa.
Qui un simpatico vecchietto mi dà gentilmente le indicazioni ‘’ Passi da Madonna di Campiglio, faccia le Sarche ed è tutta discesa! Però ora assaggi questa grappa! ‘’
Accetto ben contento, ci facciamo due cicchetti di una grappa al miele e una al ginepro(buonissima!), ci salutiamo (magari tornerò a trovarlo) e mi rimetto in sella col rimpianto di non aver accettato il terzo, ma dovendo guidare…
Il percorso prosegue: Campo Carlo Magno, un nome un programma, c’è pochissima gente, alcuni tendoni ma niente Carlo… vabbè… Madonna di Campiglio, Pinzolo, il paesaggio è fantastico… ma zero foto, ero stanco e il sole calava,ho guidato e basta. La R.E. si mangia le curve, io le tiro un po’ il collo, se è davvero così fragile come qualcuno dice lo vedremo, questa moto me la voglio vivere a pieno!
Arrivo a Tione Trento e da li seguo la strada verso Tenno, dove c’è il magnifico lago celeste, arrivo a Riva del Garda, Torbole incrocio una Classic Chrome, il tizio non mi vede, percorro il lungolago deserto fino a Bardolino e poi dopo un po’ di noiosa tangenziale arriviamo a casa.
Inizio giornata 8860 km
Fine giornata 9250 km
E’ stato un viaggio bellissimo,avventuroso e per quanto possibile l’ho descritto in modo sintetico, altrimenti mi sarei dilungato troppo. Passo dello Stelvio è veramente una sfida… Passo Gavia è assolutamente un gradino sopra, non ci sono i fighetti dello Stelvio,poco traffico, meno rumore, assolutamente a misura di R.E. e stra consigliato.
Sono veramente felice di aver macinato questi km con la mia Bullet, pur avendo il timore che a tratti potesse abbandonarmi non solo mi ha portato a casa ma è stata una compagna di viaggio semplicemente epica, viva, emozionale, ora totalmente mia.
Allego qualche foto in condivisione
Paesaggi in ordine di percorso: da Tret a Forst a Passo dello Stelvio - Gavia - infine panorama della punta del Lago di Garda.