Posto al centro della navata della Cappella Sansevero, il ‘Cristo velato’ (1753) di Giuseppe Sanmartino è una delle opere più note e suggestive al mondo. La scultura fu commissionata da Raimondo di Sangro a Giuseppe Sanmartino, un giovane artista napoletano. Nelle intenzioni del committente, l’opera doveva rappresentare “Nostro Signore Gesù Cristo morto, coperto da un sudario trasparente realizzato dallo stesso blocco della statua”.
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I visitatori, di fronte a questo miracolo dell’arte, sono da sempre rimasti sconcertati e rapiti. Tra i moltissimi estimatori si ricorda Antonio Canova, che durante il suo soggiorno napoletano provò ad acquistarlo e si tramanda dichiarasse in seguito che avrebbe dato dieci anni di vita pur di essere lo scultore di questo marmo incomparabile.
E ancora: nelle sue memorie di viaggio il marchese de Sade esaltò “il drappeggio, la finezza del velo […] la bellezza, la regolarità delle proporzioni dell’insieme”; Matilde Seraoconsacrò in un densissimo scritto tutta la passione significata dalle fattezze del Cristo; il maestro Riccardo Muti ha scelto il volto del Cristo per la copertina del suo Requiem di Mozart; lo scrittore argentino Hector Bianciotti ha parlato di “sindrome di Stendhal” al cospetto del velo marmoreo “piegato, spiegato, riassorbito nelle cavità di un corpo prigioniero, sottile come garza sui rilievi delle vene”. Da ultimo, in un’intervista rilasciata a «Il Mattino», Adonis, uno dei più grandi poeti contemporanei, ha definito il Cristo velato “più bello delle sculture di Michelangelo”.
Ciò che stupisce di più è la trasparenza del velo, quasi frutto di un misterioso prodigio. Raimondo di Sangro era noto per le sue attività di alchimista e di audace sperimentatore. Per molto tempo si è creduto, infatti, che il velo fosse frutto di un processo alchemico di “marmorizzazione” compiuto dal principe di Sansevero.
(fonte
http://restaurars.altervista.org/giuseppe-sanmartino-e-il-mistero-attorno-al-cristo-velato/)