Neophytus wroteIn attesa che il Maestro di cappella riprenda il filo di questa matassa che mi appassiona
Eh, si. Devo trovare un paio di settimane di tempo... :-)
Neophytus wrote Ieri mi sono dedicato al Barbiere, che è la mia opera preferita, e poi, fino a tarde notte, sono stato in compagnia di Maria. Non c'è tantissimo, ma ce n'è abbastanza per rinfrescarsi la memoria, nel caso se ne abbia bisogno, e soprattutto per esercitare la difficile disciplina del confronto. Sentita Maria, sentiamo anche questa e quest'altra come fanno lo stesso pezzo, poi risentiamo Maria. E tiriamo le somme.
Certo, farlo sul Barbiere...
Neophytus wroteMi interesserebbe molto un commento di Slow
Ma che, davero?
E io mi presto, eh, mica faccio lo gnorri. Anche perché -è il paradosso di certi argomenti- puoi dire tutto e il contrario di tutto, basta dare l'impressione di capirne qualcosa, buttare giù un paio di tecnicismi ad hoc, e sembra che tu abbia detto comunque qualcosa di sensato.
Scherzo, eh. Ma insomma, mica tanto. Il fatto è che con la Callas (come, per certi versi, accadde anni dopo con Pavarotti) le vicende interpretative / musicali finiscono quasi per passare in secondo piano rispetto al personaggio, al ritratto divistico costantemente alimentato da giornali, tv e pettegolezzi vari. Si va dalla mitizzazione di qualsiasi sospiro emesso nel cesso e fortunosamente registrato da un passante, fino alla critica feroce basata sulle (inevitabili) defaillances interpretative, con l'intermezzo della libellistica acida che ha l'unico scopo di dare un minimo di notorietà a chi la scrive, procurandogli magari un paio di passaggi in TV. Nel caso della Callas, poi, non si può negare che il personaggio sia stato volutamente costruito e alimentato dall'interessata, in un conflitto perenne tra pubblico e privato che ricorda quello di un'altra diva dell'epoca, fragile e sfortunata, anch'essa rimasta nell'immaginario pubblico come inarrivabile simbolo di femminilità.
Io non ho gli strumenti critici dei commentatori di YT, posseggo solo un paio di orecchie un po' meno ignoranti della media e quel po' di tecnica e gusto critico messi insieme in qualche anno di praticaccia musicale. Della Callas posso dire che si trattava di un mix unico (e forse irripetibile) di conformazione fisica, talento artistico (da intendersi a tutto tondo, non solo musicale) naturale e studio intenso e -per certi versi- fortunato.
La caratteristica fondamentale della Callas era senza dubbio il timbro vocale: scuro, potente, deciso. Sono caratteristiche naturali che si hanno o non si hanno, lei ha avuto il merito di volere e sapere lavorarci sopra, e la buona sorte di incontrare, in anni giovanili, insegnanti capaci di coglierne la singolarità e le potenzialità, andando oltre le "categorie" nelle quali tradizionalmente si educa(va)no le voci. Mentre l'estensione -altra caratteristica delle sue interpretazioni- è dovuta anche allo studio, all'applicazione di tecniche vocali che consentono di "guadagnare" note che magari, senza artifici, un cantante non sarebbe in grado di emettere. Ed è il caso di notare che (sorry, Neo...) il calo prestazionale della Callas è tutt'altro che presunto, è innegabile che -a fronte di una maturità interpretativa che aveva raggiunto vertici eccezionali- lo strumento vocale era stato logorato da un'attività intensa che, proprio per sfruttarne le caratteristiche, lo aveva costretto a "salti" di impostazione frequenti quanto intensi. E' noto il rifiuto che la Callas oppose alla richiesta del Metropolitan di fare insieme Traviata e Macbeth; ma l'accondiscendenza ad "acrobazie" altrettanto onerose (anche tralasciando i fantasiosi aneddoti che la vorrebbero eseguire anche parti di tenore...) è comunque certa, ed è -secondo me- la causa primaria del logorìo della voce della Callas.
Su certe cose concordo con la critica tradizionale. La Rosina della Callas è interessante per l'analisi del fenomeno, ma il personaggio non le appartiene e la resa vocale non è di quelle che lasciano il segno. Del resto, agile e brava quanto si vuole, ma non si poteva certo pensare alla Callas come interprete barocca (che quello è il Barbiere, barocco fuori tempo massimo. E' lì il segreto della sua bellezza), che sia riuscita a cantarlo senza scadere nel ridicolo è già segno di una bravura mostruosa. E che la Callas (e i suoi impresari e consiglieri) ne fossero consapevoli è dimostrato dall'assenza di tentativi consimili.
Dopo di che, se dobbiamo parlare della musicalità della Callas, mi arrendo. Nel senso che siamo davanti a un fenomeno unico; le capacità interpretative (mettendo da parte, per un attimo, le notevolissime doti sceniche) della Callas sono, da un punto di vista "tecnico", a livello di perfezione quasi assoluta, nei limiti in cui questa è umanamente raggiungibile: quando è "in parte", quando è nel "suo" repertorio, la Callas non lascia spazio a concorrenza o a critiche. Si può rilevare che la dizione non è sempre ineccepibile, ma qualsiasi analisi dei criteri tecnici e interpretativi che voglia esaminare il canto della Callas (emissione, timbro, potenza, respirazione, durata, coloritura, appoggiature, vibrato, fraseggio, insomma tutto il bagaglio di un cantante) non può non riconoscere il "corpus" di una musicalità eccezionale, emozionante, rigorosa e insieme spontanea.
Non fu per sempre, e non fu sempre. Ma quando ci fu... Beh, le parole non bastano.
Ed è perfino riduttivo limitare alla conoscenza "tecnica" le possibilità di apprezzare il canto della Callas. La musica ha questo di bello, che passa in noi attraverso un processo fisico di vibrazioni; queste sono percepite allo stesso modo sia dal critico coltissimo e preparato, che può farne una dottissima analisi per spiegarsi perché piace a lui e spiegarci perché dovrebbe piacere a noi; sia dalla casalinga di Voghera e dal bracciante lucano, che tante cose non le sanno, ma sanno che in quel momento, se gli capita, alzano la radio. E' la Bellezza, quella di cui parla Benigni a proposito di Dante, quella che dovrebbe salvare il mondo, quella che tutti percepiscono e "vivono" quando la incontrano (ad esempio in una Bullet), quella sensazione che fa sì che perfino i nazisti non buttino giù Ponte Vecchio.
Ricordo un film di qualche anno fa, Philadelphia, un grande Tom Hanks. E una scena nella quale il protagonista, per spiegare cosa "sente", fa ascoltare al suo avvocato (Denzel Washington) il brano di un'opera di Umberto Giordano, l'Andrea Chenier. La scena è resa dal regista (Jonathan Demme) in modo superbo, la voce, non serve dirlo, è quella della Callas, in una delle sue interpretazioni "da Callas". Ecco, quando la Callas canta, chi vuole capire, capisce. Coi grandi funziona così.
https://www.youtube.com/watch?v=3b0p9mTJOJI