È il 1939; venti di guerra soffiano in Europa, ma negli USA la vita scorre ancora tranquilla.
Stan Laurel e Oliver Hardy stanno iniziando la loro parabola discendente, ma ancora non lo sanno e continuano senza interruzione a fare film che divertono il pubblico di tutto il mondo.
"I diavoli volanti" viene girato in una situazione difficile: Laurel (il genio creativo della coppia, che pretende il controllo artistico totale sui loro film) ha litigato con la MGM e con lo storico produttore Hal Roach, e la nuova compagnia, la RKO, non ha ancora le idee chiare su cosa far fare ai due. Il soggetto è praticamente il remake di uno dei loro primi lavori, "I due legionari", dilatato in una trama banalotta che serve a incastonare le gag della coppia. Nonostante questo, sono molte le scene rimaste nella memoria degli appassionati, da quella in cui Stan suona la rete di un letto come se fosse un'arpa, alla fuga in aereo, al finale che vede Ollie reincarnarsi in un cavallo (con tanto di baffi e bombetta).
Ma la scena più famosa in assoluto, diventata una vera e propria icona della coppia, è quella in cui i due, accompagnati da un estemporaneo gruppo musicale composto da legionari, improvvisano un balletto sulle note di "Shine on harvest moon", cantata da un ispiratissimo Hardy (che aveva iniziato la carriera proprio come cantante, ed era molto orgoglioso della sua voce da tenore). Nella versione italiana uno straordinario Albertone Sordi fornirà una memorabile prova da doppiatore, cantando un testo non-sense (da lui composto per l'occasione) che, se aumenta un po' l'effetto comico del quadretto, ne tradisce però l'originario, surreale, candore.
Perché la scena, di per se, è un capolavoro commovente, la cui riuscita artistica va anche oltre le intenzioni degli autori (Laurel, soprattutto) che qui, probabilmente, volevano solo inserire un "numero musicale" di alleggerimento, come già fatto in altri film.
Eppure, succede "qualcosa" che rende quei due minuti una pietra miliare nella storia del grande cinema. Il contrasto con le delusioni del quotidiano e il rigore militare della vita legionaria rende la "leggerezza" (anche fisica) di L&H una protesta, una reazione che è insieme folle e onirica; emerge prepotentemente come non mai quella purezza infantile che caratterizza i personaggi dei due, due borderliners che non riescono a integrarsi nel mondo "normale" proprio per la loro assurda, bambinesca ingenuità.
Ne viene fuori un sogno lieve e spaesato, una sospensione dalla realtà che porta gli spettatori in un mondo fatto di un'innocenza originaria ancora non perduta e dimenticata.
Un momento di poesia in bianco e nero, una scena che dimostra come il cinema sia essenzialmente, come diceva Fellini, una fabbrica di sogni.
I diavoli volanti - Shine on harvest moon