slash.85 wroteBellissime e commoventi storie. [...] Ti farò sapere.
Grazie slash.85 - spesso, molto spesso, la realtà è più avvincente di (quasi) qualsiasi storia si possa inventare, no?
Nella casa dove sono cresciuto (sulla via percorsa dall'esercito alleato entrando a Firenze già libera, tra l'altro) avevo come
vicino di casa un anziano ex tenente di fanteria che tra gli altri posti aveva combattuto, allora giovanissimo, a Vittorio Veneto. Aveva ancora una coperta presa come cimelio a un ufficiale austro-ungarico sulla quale quest'ultimo aveva ricamato, per passare il tempo, lo stemma di famiglia.
Io chiedevo spesso a "Nonno" Giovanni (lo chiamavo così) di raccontarmi storie di guerra, e lui lo faceva, però aveva sempre voluto raccontarmene
una e una sola, e sempre allo stesso modo - un gruppo di soldati austriaci, di là da un ponte, che vengono incontro a lui e ai suoi uomini, a
guerra finita e, per questo, sono tutti contenti. Come se quello fosse (comprensibilmente) l'unico ricordo di quel tempo che voleva conservare: la
contentezza reciproca per l'ex nemico che nemico più non è.
Un'altra storia: quando abitavo a Detroit andavo a farmi i capelli da un barbiere di origine polacca. Il "negozio" era ricavato all'interno di un container,
dove lui teneva anche la bicicletta. Una volta mi raccontò della sua vita. Dopo l'invasione della Polonia nel 1939 era stato catturato dai tedeschi che lo
avevano subito messo in un campo di prigionia. Anni dopo il campo era stato liberato dall'Armata Rossa e lui, in pratica, ci si era arruolato e aveva attraversato
l'Europa combattendo, fino a partecipare alla caduta di Berlino. A guerra finita aveva poi raggiunto Lisbona, e da lì gli Stati Uniti.
La storia del bisnonno di tua moglie andrebbe proprio raccontata (forse anche le altre, ma quella di sicuro) - e la storiografia dovrebbe davvero occuparsene.
Per Asiago vedi tu, con tutta calma. Ti ringrazio comunque.