gattoarturo wroteBravi bravi bravi bravi, altro racconto per la sezione "viaggi".
Dai royals che tra qualche tempo ci scappa pure un libro dedicato.
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Troppo buoni........
Si riparte profondamente a malincuore, ma la giornata non è finita. Tutt’altro.
C’è una signora discesa che ci aspetta (e per un guidatore capra come me è preoccupazione ostica (“faccio almeno una sosta, per i freni…”, mi ripeto). Il versante elvetico aveva anche un tratto sterrato (e per me del brecciolino in terra mi provoca preoccupazioni che manco l’approcciarsi della scadenza di una rata; hai voglia a leggere nei giorni scorsi sul web “si ma è ben pressato, ben curato”) che – che c.. DERETANO! – è stato asfaltato un mese circa prima. Ottimo.
Appena scollinato salutiamo il passo con la vista di… un campo da pallone in terra battuta alla nostra sinistra che se potesse parlare, chissà cosa potrebbe raccontare di improbabili partite a quote pseudo andine); qualche chilometro, trovo l’indicazione della strada chiusa per Bormio ma poco male imbocco a destra verso la Svizzera. La “terza via” era stata comunque messa in preventivo inizialmente per le recensioni paesaggistiche da sogno. L’uscita dal Paese si presenta col più classico dei luoghi comuni: casotto dei doganieri elvetici (nessuno a chiedere “un fiorino” – cit. - , il documento per l’espatrio non è servito), bandiera rossocrociata, mucche al pascolo. Umbraillpass, o Giogo di Santa Maria.
La discesa verso Santa Maria in Mustair scorre senza troppi patemi d’animo, unico problema (e mi duole, visto che solitamente rifuggo l’odio atavico che molti provano per i ciclisti) due biciclette in scia costantemente negli specchietti, quella a destra sempre più pericolosamente a ridosso e dal lato sbagliato vicina, tutti e tre con auto davanti a fare da tappo.
Paese di Mustair, l’iconografia classica elvetica la fa da padrone (sembra proprio d’essere in Svizzera); riprendo in direzione Val Venosta, m’avvicino al limes dell’Unione Europea. Casotto della Finanza, mi fermo alla barra dello Stop a terra, da dentro mi si guarda scocciato come per dire “che vuoi?” e un gesto della mano indica d’andare (mentre gli occhi scendono comunque sulla moto. Lascio il Paese delle sigarette, del cioccolato, delle banche (ne ho contate 3 nel rapidissimo transito) e della benzina sottocosto, rientro in Patria. Ah Italia, quanto mi sei mancata, l’Italia è sempre l’Italia, etc etc…
Malles Venosta è una bomboniera, vorrei fermarmi ma ho ansia; proseguo, ad un semaforo (ancora??) scatta il verde, salita, e la moto, di poco, alla Pravettoni “s’ impenna” (alè, non mi faccio mancare niente). Le curve della Val Venosta sono stupende, graffi di compasso dal fondo perfetto dentro la classica cartolina da sogno (il tratto da Malles a Curon entra nel novero delle migliori strade mai incontrate in vita mia).
A Curon arrivo malinconico, il parcheggio “Panorama” sembra chiamarmi, entro diretto ed accosto. Sonia mi fa “scendo??”, non dico nulla, con un cenno del capo indico avanti, anche lei ha un brivido. Il campanile.
Il lago di Resia nasconde sotto di sé un paesino sommerso, unico indizio è quel famoso campanile da cartolina.
Scendiamo, foto di rito, contemplazione, souvenir, riparto triste, ci riavviciniamo alla base. Sluderno, di nuovo Siladro, Naturno, Merano.
Albergo, la moto è in garage, la Forst chiama e l’antidolorifico ormai è a distanza temporale di sicurezza.